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Come nacque l’era Berlusconi

L’era Berlusconi e la tv: la rivoluzione e l’edonismo del Cavaliere che ha cambiato per sempre la storia della televisione italiana

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Come nacque l’era Berlusconi

L’era Berlusconi e la tv: la rivoluzione e l’edonismo del Cavaliere che ha cambiato per sempre la storia della televisione italiana

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L’era Berlusconi e la tv: la rivoluzione e l’edonismo del Cavaliere che ha cambiato per sempre la storia della televisione italiana

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L’era Berlusconi e la tv: la rivoluzione e l’edonismo del Cavaliere che ha cambiato per sempre la storia della televisione italiana

Il Drive In, il Paninaro e il Tenerone, prima ancora di Bim Bum Bam, tra Holly e Benji e Kiss Me Licia. Ma anche la serie tv americana Dallas, produttori di petrolio texani incastrati in giochi di potere, poi TeleMike prima de La Ruota della Fortuna, dove si sono segnalati tra i concorrenti anche Matteo Renzi e Matteo Salvini. Poi, La Notte dei Telegatti, perché l’America, i Grammy’s, soprattutto l’edonismo degli Oscar, è sempre stata a un battito di ciglia nei pensieri di Silvio Berlusconi.

Sino forse al programma che ha cambiato – non in meglio – le ultime generazioni italiane, ovvero il Grande Fratello. C’è sempre stato del metodo nella tv dell’ex Cavaliere. Dentro c’era tutto. E tutto era nuovo. C’era soprattutto il sogno, la novità, il disegno di grandezza dell’Italia degli ‘80 che si avvertiva grande, che sosteneva un tenore di vita superiore alle possibilità del sistema. La tv davanti a tutto, la tv per i quiz, la tv per la musica (Il Telegattone), la tv per il calcio – dal Mundialito organizzato ad hoc alle partite del Milan, immagini prima in registrata, poi in differita, sino alla diretta – ma anche per il wrestling americano raccontato da Dan Peterson.

Poi, il sabato sera disegnato su chi restava in casa, con carta bianca per le stelle, da Pippo Baudo a Raffaella Carrà, Corrado e Mike Bongiorno: la cifra non era mai un problema, fosse il doppio, il triplo degli ingaggi in Rai. Si poteva tutto, con visione, idee e soldi.

C’è stata la costruzione genetica di una nuova generazione che parlava con la lingua della tv, attraverso nuovi format, nuovi riferimenti. La tv per “mamme, nonne e zie”, cioè Rete 4, una manna per gli inserzionisti, la tv per i giovani, cioè Italia 1, la tv per tutti, Canale 5, l’ammiraglia prima di Fininvest, poi di Mediaset, che ha obbligato anche il servizio pubblico a svestire certi panni e indossarne altri. Era come un grande parco giochi gratis, perché non costava nulla. Sarebbero poi arrivate le tv criptate.

Mano al telecomando: d’altronde, era la cosa più semplice e bella da fare, prima o dopo i compiti: accendere la tv, aprirsi a un aggregato di programmi diversi.

Non potevamo capirlo, noi della quarantina mal contata di oggi, ma quella tv serviva per edificare il terreno su cui costruire poi il consenso politico e mediatico di Berlusconi. Operazione riuscita. Quel legame creato da quella tv, la prima tv commerciale su scala nazionale, si è infilato sottopelle. Anche in chi non ha mai votato Forza Italia, in chi si è tenuto distante dalla parabola politica di Berlusconi, dalle questioni giudiziarie. In molti casi si è tradotto in voti e riconoscenza eterna. In altri si è creato una riconoscenza, anche involontaria. Per questo motivo c’è un pezzo di Silvio Berlusconi in ognuno di noi.

di Nicola Sellitti

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