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Il blitz politico-artistico di Cosmo

Il cantautorato politico non è morto con Pietrangeli. Cosmo e il suo modo di fare ‘clubbing’ ce lo hanno ricordato, non solo con le parole. 
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Il blitz politico-artistico di Cosmo

Il cantautorato politico non è morto con Pietrangeli. Cosmo e il suo modo di fare ‘clubbing’ ce lo hanno ricordato, non solo con le parole. 
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Il blitz politico-artistico di Cosmo

Il cantautorato politico non è morto con Pietrangeli. Cosmo e il suo modo di fare ‘clubbing’ ce lo hanno ricordato, non solo con le parole. 
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Il cantautorato politico non è morto con Pietrangeli. Cosmo e il suo modo di fare ‘clubbing’ ce lo hanno ricordato, non solo con le parole. 
  Alcuni dicono che con la recente dipartita del cantautore Paolo Pietrangeli il panorama culturale e artistico italiano abbia perso l’ultimo artista ancora capace di impegnarsi politicamente attraverso la sua musica, con brani che hanno segnato un’epoca come la sua celebre “Contessa”, diventata un proprio inno al cambiamento e alle manifestazioni degli anni ‘70.  Altri ancora, invece, si lamentano dell’impegno performativo di alcuni “artisti” che sembrano spendersi per certe tematiche sociali solo quando queste diventano trend topic sui social. Tra i più bersagliati dalle critiche c’è sicuramente il cantante Fedez che di recente ha lanciato una vera e propria campagna politico-artistica, Disumano, in tutto e per tutto una propaganda elettorale con cartelli, locandine, slogan, in realtà un progetto innovativo di lancio del suo ultimo album.

 

Una delle locandine della campagna Disumano di Fedez

  L’impressione è che chi parli così abbia in mente solo due esempi agli antipodi nella sua testa. Che le cose siano cambiate dal ‘68 è innegabile, che la musica abbia attraversato delle ere, pure. Ma l’attivismo, l’impegno, la rabbia nella musica non sono mai morti, sono solo profondamente mutati.    “Sono stati giorni parecchio complicati, passati a discutere con politici, ministri e giornalisti. L’esatto contrario di quello che ho scelto di fare nella mia vita”,  scriveva sul suo profilo Marco Jacopo Bianchi, in arte Cosmo, il 9 settembre di quest’anno, dopo aver chiesto se i suoi concerti previsti per l’1-2-3 ottobre a Bologna si sarebbero tenuti. La sua richiesta cercava risposte per un intero settore, quello dei lavoratori dello spettacolo, messo in ginocchio dalla pandemia e da una politica lontana, per non dire assente. Green pass, tamponi rapidi, scan della temperatura all’entrata, questa era l’idea e la proposta del cantautore di elettronica-pop per i suoi concerti di Bologna. Un’organizzazione ferrea ma che permettesse di viversi il concerto senza distanziamenti, in piedi, lontano da quelle norme anti-Covid a cui eravamo abituati quest’estate, vicino a quello che era stato il nostro modo di vivere gli eventi musicali fino allo scoppiare della pandemia.  Quei concerti pensati così come richiedono l’elettronica e il mondo del clubbing cui Cosmo fa riferimento; quei concerti che avrebbero dovuto svegliare il cantante e produttore da un “letargo”, dopo quasi due anni di stop forzato perchè per lui “la musica è uno scambio di energie e sensazioni che si può fare solo alla vecchia maniera”. Questo, prima di essere bloccato ancora una volta dall’indecisione politica ed essere costretto a rimandare i suoi concerti.    “Sono logorato e vorrei tanto non dover più scrivere comunicati del genere. Come forse saprete, il governo ha ufficialmente rimandato ogni discorso sull’ampliamento delle capienze ed eliminazione del distanziamento durante gli spettacoli dal vivo al 30 settembre, cosa che rende molto difficile continuare a programmare il nostro concerto col rischio di veder bloccare tutto con tendone già allestito. Non è giusto per noi che ci lavoriamo da mesi, per me, per i miei musicisti, per i tecnici e i fornitori che ci hanno e ci stanno supportando nella realizzazione di questo spettacolo. […] Abbiamo deciso, però, di non mollare […]. Di sicuro non staremo fermi. Vi voglio bene, tanto”.   Quel giorno tanto cercato è alla fine arrivato, ed è stato martedì 24 all’Alcatraz di Milano. Cosmo era sul palco, davanti a quasi 3mila persone che hanno cantato, saltato, sudato insieme in una sorta di rinascita collettiva. La data di Milano, però, non è stato un festival come da programma né tantomeno un risultato politico, dopo che le richieste di appena due mesi prima rivolte a Stefano Bonaccini, Presidente della Regione Emilia-Romagna e al Ministro della Cultura italiana, Dario Franceschini, erano rimaste praticamente inascoltate.

  La data di Milano è stata, e così l’ha chiamata il suo ideatore Cosmo, un blitz. Sono tempi incerti, impossibile programmare un tour. E allora sia un Blitz”. Quasi un’operazione politica, simultanea e di sorpresa, uno sprazzo di normalità in mezzo a un periodo che ci ha tenuti imbambolati e imprigionati in norme poco chiare e decise.   “Grazie a voi che siete venuti, che non avete avuto paura. Sono stufo della paura. Sono stufo marcio” ha detto un Cosmo emozionato alla fine del concerto. “Abbiamo perso degli anni di salute per queste lotte che non ne avete idea, ma ora siamo su un palco. A tutte le persone che stanno lavorando, che devono tornare a farlo in questo modo: lo abbiamo fatto, si può fare, siamo qui.   di Sara Tonini

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