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La Tv dei ragazzi si è fatta grande

Da “Il Collegio” a “Wild Teens”, la televisione italiana punta sempre di più sulla cosiddetta “Tv dei ragazzi”. I tempi sono cambiati rispetto al passato ma, tra nuove formule ed esperimenti, il successo è (quasi) sempre garantito.
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La Tv dei ragazzi si è fatta grande

Da “Il Collegio” a “Wild Teens”, la televisione italiana punta sempre di più sulla cosiddetta “Tv dei ragazzi”. I tempi sono cambiati rispetto al passato ma, tra nuove formule ed esperimenti, il successo è (quasi) sempre garantito.
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La Tv dei ragazzi si è fatta grande

Da “Il Collegio” a “Wild Teens”, la televisione italiana punta sempre di più sulla cosiddetta “Tv dei ragazzi”. I tempi sono cambiati rispetto al passato ma, tra nuove formule ed esperimenti, il successo è (quasi) sempre garantito.
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Da “Il Collegio” a “Wild Teens”, la televisione italiana punta sempre di più sulla cosiddetta “Tv dei ragazzi”. I tempi sono cambiati rispetto al passato ma, tra nuove formule ed esperimenti, il successo è (quasi) sempre garantito.
Prima di “Anni verdi” era il nulla. Nel 1957, con questo programma pensato per le giovanissime, nasceva ufficialmente la “Tv dei ragazzi”, termine che ha designato convenzionalmente il segmento di programmazione della televisione pubblica dedicata all’infanzia e all’adolescenza. Da lì in poi fu un crescendo. Arrivarono poi programmi cult come lo “Zecchino d’Oro”, “Tandem”, “Bim Bum Bam” e “Art Attack”, appuntamenti fissi per i più piccini, ma anche un vero e proprio genere televisivo innovativo che, nella tv di Stato, prendeva avvio nella fascia oraria dalle 16.30 alle 17.30. Poi ci fu un nuovo spartiacque chiamato “Non è la Rai”, dove un centinaio di ragazzine scalpitanti e scalmanate cantavano e ballavano a favor di telecamera, attirando l’attenzione degli italiani.

Nasceva un nuovo mercato, quello rappresentato dalle teenager della tv che dettavano mode e gusti ad altri giovanissimi che avevano una solo cosa in mente: essere come loro.

Da allora i direttori di Rete, ancora di più gli investitori pubblicitari, non hanno mai più tolto gli occhi da questo target. A buon ragione negli ultimi anni i palinsesti stanno puntando sempre più su questo filone narrativo dedicato ai giovani. “Il Collegio”, per citarne uno, costituisce uno dei programmi di punta di Rai Due da ben sei anni. Il docu-reality, basato sul format britannico That’ll Teach ‘Em, vede la partecipazione di una ventina di adolescenti – di età compresa tra i 13 e i 17 anni – rinchiusi per circa un mese all’interno di un collegio con ambientazioni tipiche di un’epoca passata. In un’edizione i ragazzi sono stati catapultati negli anni ’50, in un’altra negli anni ’80 e così via. Nell’edizione di quest’anno che sta per prendere il via le lezioni si terranno nel 1977, con prove e momenti di svago. Il pubblico da casa assiste alla nascita di nuove amicizie, antipatie, amori e trasgressioni. È un reality show a tutti gli effetti dove i protagonisti sono tutti minorenni.

Cosa è cambiato rispetto agli anni passati? Le differenze sono tante e sono piuttosto sostanziali.

La tv destinata ai ragazzi, un tempo, aveva una missione prettamente pedagogica, oggi invece si sta andando verso una spettacolarizzazione degli eventi. Le indimenticabili lezioni del maestro Alberto Manzi in “Non è mai troppo tardi” (1960-1968) o l’esperienza didattica di “Telescuola” (1958-1966), realizzato con il sostegno del Ministero della Pubblica Istruzione per consentire il completamento del ciclo di istruzione obbligatoria ai ragazzi (tanto quanto agli adulti) ricoprivano una funzione sociale e persino civile, che ora lascia spazio a prove da superare e conflitti tra i partecipanti. Pronto al debutto sulla piattaforma Discovery+ (poi in chiaro sul canale Nove) c’è “Wild Teens – Contadini in erba”, prossimo teen-reality dove 12 adolescenti di età compresa tra i 14 e i 17 anni provano la vita di campagna, senza smartphone e comodità, lavorando in una fattoria.

Ad accomunare questi programmi è il ricorso a una serie sfide tra i partecipanti.

Le gare rendono il gioco più avvincente ma al tempo stesso sottolineano anche l’inadeguatezza dei ragazzi, troppo abituati a vivere nell’agio e nella propria zona comfort.

Come mai si sta assistendo al ritorno di questo tipo di televisione?

Alla luce del successo delle nuove piattaforme di streaming come Netflix e Prime, il piccolo schermo cerca di attirare il pubblico adolescente, in crisi già da molto tempo, alla ricerca di linguaggio adeguato. Ma nel mondo young non bisogna mai dare nulla per scontato. A volte anche un linguaggio giovanile può non essere abbastanza se il prodotto non risponde a un reale bisogno. Ne è un esempio il recente programma andato in onda su Rai Due “Voglio essere un mago”, cancellato dalla prima serata a causa dei bassi ascolti. Nonostante la partecipazione di alcuni volti noti sui social, il programma ha faticato a decollare, complice anche un modello narrativo che non è stato in grado di attirare particolarmente l’attenzione. Molti programmi prevedono la presenza di persone provenienti da realtà come Instagram e TikTok, i social del momento, con l’obiettivo di far correre gli ascolti. Lo scambio tra i due mondi è costante: personaggi che partono anonimi dalla tv e diventano delle celebrità del web come è vero il contrario ovvero personaggi che sono star sui social e vengono chiamate in tv. Il dibattito relativo alla televisione dedicata agli adolescenti è sempre interessante perché mette in luce la capacità della televisione di adattarsi alle nuove sfide, rispecchiando bisogni e necessità della società, tra le missioni primarie della tv.   Di Alessia Luceri

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