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Savoia Netflix

“Il principe” e i Savoia condannati dalla Storia

La docuserie “Il principe“ di Netflix, su Vittorio Emanuele di Savoia è uno spaccato molto interessante dell’epoca, di una famiglia e di una vacuità
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La docuserie “Il principe“ di Netflix, su Vittorio Emanuele di Savoia e la tragedia dell’isola di Cavallo del 1978 è uno spaccato molto interessante dell’epoca, di una famiglia e di una vacuità.
Oltre la tragedia del giovane tedesco Dirk Hamer, l’incredibile catena di casualità che la determinò, i personaggi coinvolti, quel mondo che – fino ai colpi di fucile fatali – poteva sembrare uscito da un film di Enrico Vanzina girato 10 anni dopo, emerge la figura del figlio dell’ultimo re d’Italia Umberto di Savoia, il “re di maggio”.

Lo sconcertante viveur fuori dal tempo, dallo spazio e dalle responsabilità, capace di lasciarsi andare senza il minimo scrupolo a offese inascoltabili nei confronti dei connazionali in gita nel suo “buen retiro“ corso, manco fosse proprietario di quel lembo di Francia nel suo dorato esilio. Più di ogni altra cosa, l’uomo lontanissimo da qualsiasi presa di coscienza seppur superficiale delle gigantesche responsabilità storiche della sua famiglia. Oltre la drammatica vicenda di Cavallo, comunque determinata da un atteggiamento insopportabilmente superficiale e arrogante, nulla potrà mai avvicinare la cronica incapacità di analisi della propria eredità. Vittorio Emanuele sottolineare di continuo l’appartenenza alla “famiglia Savoia“, senza mai accompagnare queste tronfie parole a un briciolo di consapevolezza storica che vada oltre il livello da terza media. Sconcertante e immutabile con il passare dei decenni.

All’inizio del docufilm Netflix, anche il figlio di Vittorio Manuele, Emanuele Filiberto, ripete l’ormai consolidato mantra di famiglia: “Il mio bisnonno Vittorio Emanuele III commise l’imperdonabile errore di firmare le leggi razziali“. Persino apprezzabile come ammissione, ma gravemente parziale e incompleta.
Le colpe di casa Savoia c’erano state prima e ci sarebbero state dopo l’infame 1938. Far finta che il sonno della ragione e della dignità possa essere limitato a quell’atto comunque inemendabile resta intollerabile oggi come allora. Anche in bocca a Emanuele Filiberto, simpatico a tanti e almeno ben più scaltro del padre.

Vero che ormai lo studio della Storia è materia non particolarmente popolare e che questa non è la sede di un’approfondita analisi, ma basterà pur sempre ricordare la consegna del Paese al fascismo nel 1922 e l’ignominiosa fuga dell’8 settembre 1943 – con centinaia di migliaia di uomini abbandonati al proprio destino nelle mani dei nazisti – per condannare senza possibilità di appello i Savoia. Una famiglia reale troppo modesta, davanti agli esami della Storia seguiti alla prima guerra mondiale.

di Fulvio Giuliani

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