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Ferrari, errori e condanne

La Ferrari conquista le prime pagine nel modo che non vorrebbe mai. Dopo essere tornata ai vertici, colpisce lo spreco di possibilità e di potenzialità.
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Ferrari, errori e condanne

La Ferrari conquista le prime pagine nel modo che non vorrebbe mai. Dopo essere tornata ai vertici, colpisce lo spreco di possibilità e di potenzialità.
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La Ferrari conquista le prime pagine nel modo che non vorrebbe mai. Dopo essere tornata ai vertici, colpisce lo spreco di possibilità e di potenzialità.
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La Ferrari conquista le prime pagine nel modo che non vorrebbe mai. Dopo essere tornata ai vertici, colpisce lo spreco di possibilità e di potenzialità.
Quello che colpisce nella stagione della Ferrari non è tanto il Mondiale che si allontana, sull’onda di una serie di errori in tutta franchezza non solo di una parte del team (il pur straordinario Charles Leclerc ha molto sbagliato e comunque tanto di più del suo rivale Max Verstappen, mentre la strategia rossa è ormai presa in giro a livello globale e la stessa macchina non è certo priva di difetti). Quello che colpisce è lo spreco di possibilità e potenzialità, in un anno in cui la Ferrari è tornata impetuosamente ai vertici, sapendo interpretare forse meglio di tutti i nuovi regolamenti. Nonostante questo, nonostante un pilota di quelli che ne nascono uno ogni tanto, nonostante tecnici per anni sottovalutati e messi all’indice – rispetto ai “maghi” della Mercedes – il Mondiale è quasi andato. Anzi i Mondiali, piloti e costruttori. Questo è un fatto, come è un fatto che ieri in Ungheria, per l’ennesima volta, le scelte strategiche su Leclerc si siano mostrate sbagliate in modo persino grossolano. Anche quando bastava persino copiare quelle degli avversari. Il team principal, Binotto – persona di valore e rara educazione – è inevitabilmente rimasto nell’occhio del ciclone, in cui era finito dopo il GP di Gran Bretagna a Silverstone. Ha le sue ragioni a ricordare come una strategia diversa sulla macchina di Sainz non abbia egualmente pagato, ma resta il fatto che – al momento della scelta suicida di montare gomme inefficienti – Leclerc era abbondantemente in testa alla gara e aveva appena concluso l’ennesimo sorpasso-capolavoro della sua stagione, sulla Mercedes di Russell. Il resto è storia, con il monegasco tristemente sesto, Verstappen trionfante in carrozza in un GP in cui era partito 10º e su una pista in cui la vulgata vuole impossibile una rimonta. O quasi, perché di rimonte in Ungheria in realtà ne abbiamo viste, firmate da piloti che hanno fatto la storia di questo sport. La Ferrari spreca, la Ferrari è uno spreco e dato che la Ferrari non è una semplice scuderia del Mondiale, ma resta una nazionale su quattro ruote, la Ferrari conquista le prime pagine nel modo che non vorrebbe mai. Ora che tutto sembra perduto, però, la memoria corre al ritorno del Mondiale dopo una vita Maranello, con il leggendario Schumi: a Spa, il tedesco aveva appena subito il sorpasso più clamoroso della sua carriera – quello leggendario di Hakkinen ai suoi danni in Belgio, con il povero Zonta in mezzo – ma da allora la Rossa le vinse tutte, tornando a trionfare dopo 21 anni. Quest’anno sarà forse impossibile, ma è quello che Maranello ha il dovere di provare a ripetere: far strabuzzare gli occhi a tutti noi. È il destino-condanna di chiamarsi Ferrari. Di Fulvio Giuliani

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