Il bello di un “Ciao”
Alla fine dell’ultima partita di campionato, Milan-Hellas Verona, Zlatan Ibrahimović ha annunciato il ritiro salutando i propri tifosi, tra le lacrime di tutti i presenti
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Il bello di un “Ciao”
Alla fine dell’ultima partita di campionato, Milan-Hellas Verona, Zlatan Ibrahimović ha annunciato il ritiro salutando i propri tifosi, tra le lacrime di tutti i presenti
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Alla fine dell’ultima partita di campionato, Milan-Hellas Verona, Zlatan Ibrahimović ha annunciato il ritiro salutando i propri tifosi, tra le lacrime di tutti i presenti
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Alla fine dell’ultima partita di campionato, Milan-Hellas Verona, Zlatan Ibrahimović ha annunciato il ritiro salutando i propri tifosi, tra le lacrime di tutti i presenti
Ancora sport, ancora calcio, ancora lacrime, direte voi… e avete ragione.
L’addio – anzi il “ciao” – al pallone di Zlatan Ibrahimović resta però IL momento della scorsa domenica, dell’ultima giornata del campionato di Serie A. Il saluto al Milan era scontato, molto meno quello al calcio e alla carriera di uno dei giocatori più carismatici degli ultimi decenni. Mai come Leo Messi o Cristiano Ronaldo (nessuno è stato come loro, anche se torneremo sul punto), ma Zlatan è iscritto di diritto all’esclusivo club dei grandi. Per qualità tecniche e doti atletiche, per il suo modo di interpretare un ruolo per certi aspetti persino indefinibile in campo e soprattutto per la debordante personalità, su cui ha costruito la seconda parte della sua carriera di atleta e gettato le fondamenta di quello che potrà essere la sua vita da oggi in avanti.
Calciatore letale, uomo istrionico e profondamente divertente, Ibra. Cittadino del mondo, lui svedese, ma anche slavo e un po’ di tutti quei luoghi toccati in un lunghissimo percorso agonistico.
Maggio e giugno sono da tempo, ormai, i mesi delle lacrime sui campi da calcio: negli ultimi 10 giorni ne abbiamo viste scorrere a fiumi e ne abbiamo parlato più volte. Perché apprezziamo questa sincerità, perché in questi saluti, in queste emozioni, in questi sentimenti ritroviamo la dimensione che amiamo del calcio e dello sport. Una delle poche ancora immuni alle sovrastrutture figlie della “modernità” e dell’iperprofessionismo.
Ha pianto anche Zlatan Ibrahimović, riuscendo a ritrovare se stesso e il proprio personaggio proprio all’ultimo istante del suo discorso ai tifosi del Milan: “Ci incontreremo in giro, se sarete fortunati”. E giù una risata forzata, a nascondere un’emozione profonda e sincera.
Chiude qui e comincerà, anzi continuerà, a fare l’attore o lo showman. Decisamente meglio del finale che si sono ritagliati i fenomeni di cui sopra, sommersi da quantità imbarazzanti di petrodollari per andare a far finta di giocare in campionati improbabili e malinconici.
Anche Pelè e Beckenbauer andarono a giocare a New York – nei Cosmos – a fine carriera. È vero. Eppure, quella almeno era la scommessa di portare il pallone negli Usa, c’era un’idea piena di quattrini, ma anche uno sfondo vagamente romantico. Oggi non c’è nulla, solo soldi e poco rispetto per quello che si è stato.
Tutta la vita Zlatan e il suo “ciao“.
di Fulvio Giuliani
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