L’Italia del basket, l’Italia di Pozzecco, supera la prova a pieni voti vincendo contro le Filippine e si qualifica alla seconda fase dei Mondiali
Si è vinto. Si è vinto bene, nonostante il brusco calo nel finale di gara. L’Italia supera l’esame Filippine che poteva costare la permanenza ai Mondiali. C’era anche il tesoretto messo a disposizione dalla Repubblica Dominicana, che aveva battuto in precedenza Angola: per uscire si doveva perdere con almeno 12 punti di scarto.
La prova è stata superata, anche a pieni voti. Il linguaggio del corpo degli azzurri non è stato certo quello esibito con Angola e i domenicani. Per andare avanti, non avrebbe potuto essere altrimenti: 30 mila filippini infuocati, la nazionale di Manila costretta a vincere per illuminare il sogno nazionale. Gli azzurri hanno avuto il controllo totale della gara, in particolare dal secondo quarto in avanti.
Si doveva vincere. Bene, se possibile, per allontanare le ombre. Tecnica e testa, piano gara chiaro e scarpe allacciate. E tiro da tre punti che stavolta ha funzionato. Si è vinto bene. Nonostante l’orgoglio filippino. E non si può non pensare che l’espulsione di Pozzecco nella partita contro Towns e soci, ferocemente criticata dal presidente federale Gianni Petrucci, abbia generato la scintilla, la scossa nel gruppo azzurro, forse imborghesito dai sette successi in fila nelle amichevoli pre Mondiali.
Sono stati tutti con il Poz. Come aveva raccontato a La Ragione Gianluca Basile, mito azzurro, amico ed ex collega del ct, gli azzurri formano un blocco con il selezionatore. Un rapporto fortissimo, fatto di spigolature, cose dette tra i denti e abbracci. Anche cuori disegnati con le mani dal Poz (destinatario Pippo Ricci, dopo una tripla nell’ultima frazione). Cemento emotivo in casa azzurra che tornerà utile nella nuova fase dei Mondiali. E quindi, tra i singoli, Tonut è stato mvp in attacco e in difesa su Clarkson, mano educata anche nella Nba.
Poi c’è stata la conoscenza superiore del gioco di Nik Melli e Fontecchio in saliscendi ma con i punti decisivi nelle mani. Poi Pajola, altro totem difensivo con la mano assai calda dalla distanza, soprattutto quando si è scavato il distacco con i filippini. La difesa azzurra, uno dei marchi di fabbrica dell’Italia del Poz, è tornata incisiva, presente, definita.
Insomma, la sensazione è che lo scoglio emotivo sia stato superato, forse non spariranno le dure parole del presidente federale Petrucci, ma sul corto periodo un filo di tensione potrebbe addirittura tornare utile. Senza bruciarsi, però.
di Nicola Sellitti
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