Mondiali di calcio 2034 in Arabia Saudita. Il sogno di bin Salman continua
Era una semplice formalità, un pezzo di carta da vidimare. L’Arabia Saudita ospiterà l’edizione 2034 dei Mondiali di calcio. Nel 2030 saranno invece disputati fra Spagna, Portogallo e Marocco
Mondiali di calcio 2034 in Arabia Saudita. Il sogno di bin Salman continua
Era una semplice formalità, un pezzo di carta da vidimare. L’Arabia Saudita ospiterà l’edizione 2034 dei Mondiali di calcio. Nel 2030 saranno invece disputati fra Spagna, Portogallo e Marocco
Mondiali di calcio 2034 in Arabia Saudita. Il sogno di bin Salman continua
Era una semplice formalità, un pezzo di carta da vidimare. L’Arabia Saudita ospiterà l’edizione 2034 dei Mondiali di calcio. Nel 2030 saranno invece disputati fra Spagna, Portogallo e Marocco
Era una semplice formalità, un pezzo di carta da vidimare. L’Arabia Saudita ospiterà l’edizione 2034 dei Mondiali di calcio. Nel 2030 saranno invece disputati fra Spagna, Portogallo e Marocco
Era una semplice formalità, un pezzo di carta da vidimare. L’Arabia Saudita ospiterà l’edizione 2034 dei Mondiali di calcio, che invece saranno disputati nel 2030 tra Spagna-Portogallo e Marocco. Con l’assegnazione ufficiale di oggi all’Assemblea Generale Straordinaria della Fifa, si compie così il disegno, noto anche come “Vision 2030”, partorito più di un decennio fa dalla famiglia reale saudita, in particolare dal principe Mohammed Bin Salman, intimo amico del numero uno della Fifa, Gianni Infantino, per rendere il Paese arabo non più dipendente dall’economia petrolifera, diventando un magnete per gli investimenti esteri. Obiettivo diversificare, e se possibile, allentare grazie all’oro nero l’onda di critiche di ong e media – ampiamente giustificate – sul mancato rispetto dei diritti umani di lavoratori, ma anche delle donne e delle comunità Lgbtq+. Ecco quindi negli anni i petrodollari sauditi investiti in quantità non certo omeopatiche sul calcio, sui motori, sul golf, di recente anche sul tennis, ma anche su boxe e wrestling. L’operazione, va detto, sta riuscendo in pieno, nessuno osa fiatare, le federazioni eseguono e incassano e l’associazione calciatori non si segnala per interventismo.
Così l’obiettivo di portare i Mondiali di calcio in Arabia Saudita è stato centrato, ma non era certo un’assegnazione complessa, il paese sul Golfo era l’unica candidato a ospitare la competizione e ci sono già 15 stadi che sono stati costruiti, a dieci anni dal calcio d’inizio del torneo. Inoltre, a aprile 2023 il colosso petrolifero Aramco, la più grande nazionalizzata del paese ma trasformata in holding da bin Salman, è diventato il main sponsor della Fifa. Questo accordo è stato osteggiato pubblicamente solo da un pacchetto di calciatrici di livello internazionale, che hanno denunciato le violazioni dei diritti umani in Arabia. In campo maschile, ha annunciato una ferrea opposizione al Mondiale in Arabia Saudita soltanto la federcalcio norvegese, che si era messa di traverso anche per l’assegnazione dei Mondiali 2022 in Qatar. Troppo poco, l’equazione è riuscita, è il secondo Mondiale degli ultimi quattro che finisce nella Penisola Arabica, che è terreno di caccia dello sport mondiale, alla ricerca di soldi (ce ne sono in abbondanza), strutture ricettive e sportive a cinque stelle e assenza di ostacoli burocratici. Il campionato saudita ha fatto flop, il livello resta alquanto ridicolo e molte delle stelle se ne sono scappate (com’è l’ex ct dell’Arabia Saudita Roberto Mancini, che oggi si dice pentito della scelta peraltro da nababbo) ma bin Salman può non curarsene e puntare tutto sul Mondiale 2034.
Poco importa – a proposito delle strutture extralusso – che il quotidiano inglese Daily Mail, attraverso un’inchiesta, abbia già documentato lo sfruttamento “intensivo” dei lavoratori su alcuni dei cantieri degli stadi sauditi, ritenuti “futuristi” e “simbolo di modernità”, con turni massacranti da 10 ore a 45 gradi, con paga da circa due euro all’ora. E’ una sceneggiatura tristemente conosciuta e che soprattutto la Fifa ha provato a ignorare: è accaduto anche in occasione dei Mondiali giocati due anni fa in Qatar, in quella circostanza è stato “The Guardian” a documentare gli abusi sugli operai e le desolanti condizioni di vita cui erano costretti per lavorare sui cantieri degli impianti. Anche stavolta nulla ostacolerà il progetto saudita. Il calcio, lo sport, inseguono i soldi.
di Nicola Sellitti
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Tag: calcio
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