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Rafa Nadal vittoria

Una partita che raffigura la vita

Il trionfo di Rafa Nadal agli Australian Open contro il russo Daniil Medvedev va oltre la vittoria in sé. Nonostante le enormi difficolta – circa un mese fa col Covid19 e fermo già da 4 mesi per l’infortunio alle ginocchia – si è saputo rialzare, da vero campione.
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Una partita che raffigura la vita

Il trionfo di Rafa Nadal agli Australian Open contro il russo Daniil Medvedev va oltre la vittoria in sé. Nonostante le enormi difficolta – circa un mese fa col Covid19 e fermo già da 4 mesi per l’infortunio alle ginocchia – si è saputo rialzare, da vero campione.
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Una partita che raffigura la vita

Il trionfo di Rafa Nadal agli Australian Open contro il russo Daniil Medvedev va oltre la vittoria in sé. Nonostante le enormi difficolta – circa un mese fa col Covid19 e fermo già da 4 mesi per l’infortunio alle ginocchia – si è saputo rialzare, da vero campione.
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Il trionfo di Rafa Nadal agli Australian Open contro il russo Daniil Medvedev va oltre la vittoria in sé. Nonostante le enormi difficolta – circa un mese fa col Covid19 e fermo già da 4 mesi per l’infortunio alle ginocchia – si è saputo rialzare, da vero campione.
Mai sottostimare un grande campione. Roger Federer, che è di quel materiale di cui sono fatte le leggende, l’ha sottolineato nel post di congratulazioni su Instagram a Rafa Nadal, vincitore dell’Australian Open. Qualcosa di simile – «Don’t ever underestimate the heart of a champion» – sentenziò due anni fa Lebron James per i 31 punti in pochi minuti di gioco di Steph Curry. La frase – il cui copyright appartiene a Rudy Tomjanovich, coach degli Houston Rockets che vinsero il titolo Nba nel 1995 – è come disegnata da un sarto su Nadal. Nella 21esima prova del Grand Slam vinta dallo spagnolo, nella rimonta dopo cinque ore e mezzo su un avversario (il russo Medvedev) più giovane di dieci anni, ci sono cuore, classe e quasi un inspiegabile fuoco della competizione dopo 17 anni di trionfi. Un mese e mezzo fa Nadal era a letto con il Covid-19, fermo già da quattro mesi per l’ennesimo pit stop alle ginocchia. Ne aveva anche scherzato con Federer, entrambi fermi mentre Djokovic dominava il tennis. Si è rialzato: l’aveva già fatto nel 2013, fuori per lesioni ai tendini così usurati dal suo tipo di gioco, ripartendo dai piccoli tornei sulla terra battuta, tornando numero uno al mondo, a vincere tornei dello Slam, a dividersi la grandezza assoluta con pari grado come Federer e Djokovic. Forse più dello svizzero dal talento benedetto dagli dei e dello stesso Djokovic, Nadal è l’epitome della leggenda che quando cade nel rialzarsi piazza l’asticella al punto più alto, prepara al dettaglio la riscossa, nutre la fame di competizione studiando il migliore del momento che vince un titolo. Davanti agli australiani con le mani arrossate per gli applausi alla sua impresa ha confidato che, senza forze per il virus, si è sentito davvero a un passo dal ritiro. Ha riscritto di nuovo la sceneggiatura, ora pensa solo alla prossima guerra da combattere. E forse come Nadal si sente ancora Tom Brady, 44 anni, per 22 l’icona della Nfl, 7 Super Bowl vinti, secondo una parte dei media americani l’atleta più forte di sempre in uno sport di squadra, anche più di Michael Jordan e Babe Ruth. Sabato ha celebrato il ritiro assieme ai compagni della sua squadra (i Tampa Bay Buccaneers) e anche la Lega del football e un paio di sponsor personali hanno celebrato il suo passo indietro. I seguaci di Brady sono increduli, se la sono anche presa con la consorte del campione, la modella brasiliana Gisele Bundchen che lo vorrebbe lontano dalla palla ovale. Ma l’annuncio ufficiale di Brady ancora non c’è, qualcosa si saprà entro un paio di giorni, gli americani sono sempre attenti a brand da tutelare, a non rovinare il business anche di un addio alle scene. Forse Brady si ritirerà, forse sorprenderà, provando ad arrivare da protagonista a 45 anni. Anche lui come Nadal è tornato dopo varie discese. Di una materia diversa, come solo le leggende.   di Nicola Sellitti

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