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L'umanità aumentata

L’umanità aumentata

Quando parliamo di realtà aumentata, immaginiamo occhialini, visori e smartphone ma in realtà è molto di più, molto più frequente già oggi di quanto siamo capaci di immaginare.
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La “realtà aumentata” spicca nello sfavillante bouquet dei consumi tecnologici insieme a realtà virtuale, intelligenza artificiale, blockchain e al già inflazionato Metaverso. Sono ancillari la connessione in 5G, 6G, Internet delle cose. Si affannano gli Nft (non-fungible token) e le criptovalute. Fra due anni saranno 2,9 miliardi gli utilizzatori di “realtà aumentata” (RA) fruita con apparati mobili, smartphone e altro, primi i Millennial e Gen Z.

La utilizzeranno tutte le industrie, senza eccezione: dalla sanità alla scuola, dal militare alla moda (Gucci ci crede molto). Nella produzione di RA si stagliano Sony, Nintendo, Walt Disney (nei suoi parchi entreremo in castelli e giungle virtuali in dimensioni reali senza dover usare occhiali), Google, Tesla, Apple, Meta, Nvidia. Nel 2024 gli investimenti saranno di circa 30 miliardi di dollari solo per i comparti formazione, manutenzione industriale, vetrinistica, videogiochi e consumi visivi (cinema e tv).

La “realtà aumentata” più raccontata dai media è descritta con occhialini, visori o smartphone che inquadrano antiche vestigia od opere d’arte mostrando sullo schermo – sovrapposti all’immagine reale – date, cenni storici e ricostruzioni. O dove si trova una pizzeria vicina per gli stremati turisti ‘aumentati’. Ma c’è molto di più. C’è l’auto che parcheggia da sola; l’app che fa parlare in 100 lingue; la pubblicità che diventa video uscendo dalla pagina stampata; romanzi e poesie che vengono creativamente ‘aumentati’; l’acquisto di un vestito sul web, provandone prima quanti (virtuali) se ne vuole a casa, davanti a uno specchio ‘aumentato’. Vogliono la RA il 48% dei negozi e anche Ikea e Amazon, per far vedere come e dove collocare un prodotto (in casa, in ufficio) prima d’acquistarlo online.

È “realtà aumentata” il gioco di colpire oggetti invisibili ad altri, sparsi in un parco (es. Pokémon GO); il cielo sereno d’una foto che cambia in nevoso, temporalesco o con un’aurora boreale; il proprio salotto che si trasforma in una spiaggia tropicale o accoglie gli amici in un castello medioevale; ogni possibile punto di vista e analisi di qualsiasi sport; la spesa coi prezzi che si sommano da soli e vengono confrontati con quelli di altri supermercati; le istruzioni – per riparazioni e manutenzioni di motori, apparati, impianti d’ogni tipo – che si sovrappongono ai macchinari sulle lenti degli occhiali indossati dagli addetti; navigatori in 3D per auto, navi o aerei, simulatori e autopiloti totalmente autonomi (irrinunciabili per le stazioni spaziali e le passeggiate nel cosmo); l’allenamento in qualsiasi sport, in salotto, immersi in campi da gioco riprodotti in 3D con le metriche sulle proprie prestazioni.

La “realtà aumentata” primeggerà in chirurgia, diagnostica, riabilitazioni e perfino nella cura di fobie. Ne sono affamati i soccorsi e la gestione di terremoti, alluvioni, valanghe, naufragi e incendi mentre sono in RA protesi, passive o attive, interne al corpo o esterne (verso la pura bionica?). Si annuncia apoteosi di “realtà aumentata” nel design, nei videogiochi, nei brainstorming aziendali, nella creazione dello spirito di corpo (!), nelle smart city, nell’istruzione e nelle guerre di ogni tipo. Per tutto questo le previsioni indicano che la “realtà aumentata” generà 23 milioni di posti di lavoro nei prossimi 7 anni.

Siamo destinati a mille realtà aumentate che ci sostituiranno in ogni nostra azione? Certamente sì. Fino a perdere ogni voglia di vita reale? Magari no.

 

di Edoardo Fleischner

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