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Chapecoense: a 5 anni dal giorno più buio

Era il 28 novembre 2016 quando l’aereo della Chapecoense, squadra di calcio brasiliana, precipitò sul fianco di una montagna della Colombia. Morirono 71 delle 77 persone a bordo. Il racconto di una tragedia che sconvolse tutto il mondo e i nuovi sviluppi.
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Chapecoense: a 5 anni dal giorno più buio

Era il 28 novembre 2016 quando l’aereo della Chapecoense, squadra di calcio brasiliana, precipitò sul fianco di una montagna della Colombia. Morirono 71 delle 77 persone a bordo. Il racconto di una tragedia che sconvolse tutto il mondo e i nuovi sviluppi.
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Chapecoense: a 5 anni dal giorno più buio

Era il 28 novembre 2016 quando l’aereo della Chapecoense, squadra di calcio brasiliana, precipitò sul fianco di una montagna della Colombia. Morirono 71 delle 77 persone a bordo. Il racconto di una tragedia che sconvolse tutto il mondo e i nuovi sviluppi.
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Era il 28 novembre 2016 quando l’aereo della Chapecoense, squadra di calcio brasiliana, precipitò sul fianco di una montagna della Colombia. Morirono 71 delle 77 persone a bordo. Il racconto di una tragedia che sconvolse tutto il mondo e i nuovi sviluppi.
A 5 anni dalla tragedia aerea della Chapecoense, squadra di calcio della Serie A brasiliana, che costò la vita a 71 delle 77 persone a bordo, il destino continua a essere un giocoliere beffardo per Erwin Tumiri, tecnico di volo, protagonista di storie che hanno dell’incredibile: non solo riesce ad essere uno tra i 6 sopravvissuti ma dopo lo schianto dell’aereo, quando arrivano i soccorsi, li aiuta facendo luce con una torcia per cercare gli altri passeggeri. Si salva incredibilmente una seconda volta quando 9 mesi fa, il 2 marzo 2021, si trova su un bus in Bolivia che, a causa di un errore del conducente, esce di strada lungo la statale Cochabamba-Santa Cruz e si ribalta diverse volte precipitando per 150 metri in un burrone, in quell’occasione perdono la vita 21 persone. Un vero e proprio miracolato, da molti definito “immortale”.       Proseguono ancora oggi le indagini per identificare i colpevoli del tragico incidente aereo dove si trovava a bordo la squadra della Chapecoense. Una svolta arriva a settembre 2021, quando viene arrestata dalla polizia brasiliana la boliviana Celia Castedo, specialista in sicurezza del volo che “in maniera fraudolenta non avrebbe fatto rispettare i requisiti procedurali minimi per l’approvazione del piano di volo”. Era latitante da quando è avvenuto l’incidente, indagata per catastrofe e ricercata da quel momento. Dopo essere stata trovata, ora si trova nel carcere di Corumbrà, in Brasile.

Il racconto della tragedia

28 novembre 2016, ore 18:18, aeroporto Internazionale Viru Viru, Santa Cruz, Bolivia. Calciatori, allenatore e staff della Chapecoense sono pronti per la partenza, dopo un’ora di ritardo. Non vedono l’ora di arrivare a Medellin, in Colombia, per giocarsi due giorni dopo la prima finale della loro storia, la finale della CONMEBOL, la Supercoppa Sudamericana (che corrisponde in Europa all’Europa League) contro l’Atlético Nacional, club colombiano.        Quel volo LaMia 2933 non è diretto solo verso la Colombia ma verso un sogno. Chi avrebbe mai potuto immaginare che una squadra nata solo nel 1973 e che nel 2009 si trovava ancora nella Serie D sarebbe riuscita a giocarsi una partita così importante? Tutti gli abitanti di Chapeco sono entusiasti della squadra, i calciatori si stanno facendo conoscere sempre di più nel panorama internazionale, corrono dietro al pallone verso traguardi impensabili fino a qualche anno prima. La corsa però, o meglio il volo, quel maledetto volo, purtroppo si ferma quella sera, alle 22:34, a circa soli 20 km dal luogo di arrivo, contro il fianco di una montagna a Cerro Gordo, a La Uniòn. Proprio quel volo che avrebbe dovuto fare uno scalo tecnico nell’Aeroporto di Cobija, in Bolivia, per fare rifornimento di carburante ma che non fa perché il comandante decide di proseguire fino a destinazione per non rischiare di trovare successivamente chiuso l’aeroporto colombiano di Rionegro-José Maria Cordova. Sono le 22:00 quando il velivolo inizia la discesa e i piloti si accorgono che qualcosa non sta andando per il verso giusto. Chiedono al controllo del traffico aereo di poter effettuare un circuito di attesa per risolvere dei problemi all’impianto elettrico. Non c’è niente da fare, dopo due giri, l’aereo comincia progressivamente a perdere quota, scompare dal radar e precipita. Delle 77 persone a bordo, sono solo 7 i sopravvissuti che diventano poco dopo 6 perché Marcos Danilo, portiere della Chapecoense, muore nell’ospedale dove è ricoverato. Tra le persone sopravvissute ci sono tre calciatori: Jakson Ragnar Follmann (portiere), Alan Luciano Ruschel (difensore) ed Helio Zampier Neto (difensore) trovato sotto i rottami dell’aereo. Vengono i brividi a pensare che proprio Neto, la notte prima di partire, aveva sognato che l’aereo su cui era a bordo sarebbe caduto e aveva detto alla moglie di non voler più viaggiare. Gli altri tre a salvarsi sono il tecnico di volo Erwin Tumiri, la hostess Ximena Suarez, il giornalista Rafael Henzel Valmorbida (scomparso il 26 marzo 2019). Una tragedia improvvisa quella della Chapecoense che ha sconvolto il mondo del calcio e ha fatto venire in mente a tutti i tifosi il “Grande Torino”, in ricordo del 4 maggio 1949, quando morirono 31 persone a causa proprio di un incidente aereo. Non a caso quella tragedia aerea viene anche chiamata “la Superga brasiliana”. Sono, purtroppo, numerosi gli incidenti aerei costati la vita a intere squadre sportive: il 6 febbraio 1958 morirono 23 delle 44 persone a bordo del Volo British European Airways 609, dove si trovava il club di calcio del Manchester United che, partito da Belgrado, stava facendo ritorno in Inghilterra. L’aereo si schiantò al terzo tentativo di decollo su una pista ricoperta di neve mista a fango all’aeroporto di Monaco-Riem, nella Germania Ovest. Il 13 ottobre 1972 ci fu il tragico incidente successivamente rinominato il “disastro aereo delle Ande”: a causa di un errore del pilota il velivolo si schiantò contro una montagna della Cordigliera delle Ande. A bordo c’era la squadra di rugby dell’Old Christians Club (legata al Collegio Universitario Stella Maris di Montevideo), 29 le vittime totali. Alla fine quella Supercoppa la Chapecoense l’ha vinta. Le è stata assegnata d’ufficio anche dopo il gesto nobile dell’Atletico Nacional, l’altra squadra finalista, che ha immediatamente chiesto di far vincere a loro la coppa in memoria della “favola Chape”. Ad “alzare” simbolicamente la coppa sono stati i 3 calciatori sopravvissuti, tornati dopo tempo all’interno del campo di gioco insieme al giornalista rimasto anche lui vivo dopo il tragico incidente aereo.       Perché davanti ad eventi del genere, non c’è coppa che conti. L’unica cosa a contare è il ricordo delle vittime.   di Filippo Messina

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