Incapaci di accettare un rifiuto
Ragazzi “normali” in apparenza, che in realtà non hanno imparato mai il senso del limite. L’ennesimo, brutale femminicidio, quello di Giulia Cecchettin
| Cronaca
Incapaci di accettare un rifiuto
Ragazzi “normali” in apparenza, che in realtà non hanno imparato mai il senso del limite. L’ennesimo, brutale femminicidio, quello di Giulia Cecchettin
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Incapaci di accettare un rifiuto
Ragazzi “normali” in apparenza, che in realtà non hanno imparato mai il senso del limite. L’ennesimo, brutale femminicidio, quello di Giulia Cecchettin
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Ragazzi “normali” in apparenza, che in realtà non hanno imparato mai il senso del limite. L’ennesimo, brutale femminicidio, quello di Giulia Cecchettin
Incapaci di accettare un rifiuto. Incapaci di andare oltre quello che è normale accada nella vita: cioè che non tutto vada come lo si immagina. Ragazzi “normali” in apparenza, ragazzi che in realtà non hanno imparato mai il senso del limite. L’ennesimo, brutale femminicidio, quello di Giulia Cecchettin, racconta anche questo.
Racconta di giovani adulti che non hanno mai imparato a fare i conti con i limiti. Non ha senso, perché non conosciamo quello che accade dentro le mura di casa, puntare il dito contro i genitori. Certo, può esserci anche la loro responsabilità nel non aver colto, alcuni segnali. Ma qui parliamo comunque di giovani adulti, di persone che sono, responsabili per se stesse. Cosa sia accaduto a Filippo, cosa lo abbia reso capace di tale orrore, forse non lo sapremo mai. Sappiamo per certo che Giulia non tornerà più.
E sconcerta, come ancora oggi, si debbano raccontare vicende come questa. Come se di fronte a un mondo che sembra offrire infinite possibilità, non si riesca poi ad accettare qualcosa di così “normale” come la fine di una relazione. Come se davanti a tanti progressi, resti in alcuni l’idea primitiva che una persona non sia un essere indipendente, ma una estensione di sé. O con me o con nessuno. O mia o di nessuno. È successo ancora. Per provare a spiegare, forse, ci sarà tempo. Ora rimane solo il dolore. Solo lo sconcerto.
Di Annalisa Grandi
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