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Tragedia di Brandizzo

Tragedia di Brandizzo, una questione di norme

La tragedia di Brandizzo ci fa riflettere su un tema spesso ignorato: la sicurezza non può essere soltanto una questione di norme ma anche di formazione
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Tragedia di Brandizzo, una questione di norme

La tragedia di Brandizzo ci fa riflettere su un tema spesso ignorato: la sicurezza non può essere soltanto una questione di norme ma anche di formazione
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Tragedia di Brandizzo, una questione di norme

La tragedia di Brandizzo ci fa riflettere su un tema spesso ignorato: la sicurezza non può essere soltanto una questione di norme ma anche di formazione
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La tragedia di Brandizzo ci fa riflettere su un tema spesso ignorato: la sicurezza non può essere soltanto una questione di norme ma anche di formazione
La tragedia di Brandizzo non sarebbe mai avvenuta senza il concatenarsi di una serie di fatali errori ma non solo, come proveremo a spiegare più avanti. Sono poi bastati pochi giorni di inchiesta per far emergere un aspetto che va ben oltre la stessa immane perdita di cinque vite in una notte di lavoro come tante altre: l’idea che in questo tragico caso e in chissà quanti altri almeno simili si fosse sviluppata una sorta di consuetudine, diciamo anche ‘abitudine’ a interpretare le regole di sicurezza. Questo è un aspetto fondamentale, non soltanto per cercare di capire cosa sia accaduto in quegli istanti fatali ma per comprendere l’atmosfera che spesso si respira al lavoro nel nostro Paese. Se abbiamo una certezza granitica è che la sicurezza, in Italia, sia normata con attenzione assoluta. Chiunque abbia un minimo di esperienza conoscerà bene corsi, indicazioni, disposizioni di legge, cartellonistica, insomma quell’insieme di norme e loro applicazioni che dovrebbe ridurre al minimo l’incidenza della distrazione umana e delle infinite casualità. Al contempo vi è però l’inveterata abitudine a considerare spesso tutto ciò una noia, un obbligo ascoltato a cervello solo parzialmente acceso, con soglie di attenzione ben al di sotto del minimo consentito. Questo attiene in modo particolare al mondo degli uffici, agli infiniti corsi sulla sicurezza, all’individuazione di responsabili non di rado formati soltanto sulla carta. Se passiamo all’universo dei cantieri, dove oggettivamente i margini di rischio si alzano vertiginosamente, lo scenario offerto dalla tragedia di Brandizzo fa pensare anche ad altro. A quella consuetudine, cui si accennava, in base alla quale si finisce per far prevalere l’abitudine quotidiana, l’“esperienza sul campo” sul rigido rispetto delle norme. La sensazione – per la quale sarà necessario attendere l’inchiesta, ma suffragata da testimonianze talvolta scioccanti – che davanti a regolamenti considerati troppo stringenti ci si organizzi sul momento. Eventualmente a costo di ignorare o interpretare le indicazioni di sicurezza. Se un aereo non decollerebbe mai senza che i piloti abbiano completato i passaggi della checklist, come nessun treno si metterebbe in moto ignorando passaggi e procedure, tutto intorno c’è un mondo di piccoli o grandi interventi quotidiani. Di routine talvolta esasperanti, in cui si annida il rischio della disattenzione fatale. Dell’eccesso di sicurezza e di un modo di lavorare “all’antica” messo fuori gioco dalla tecnologia e dai tempi dell’era digitale. L’errore umano non potrà mai essere cancellato: lo si può limitare attraverso le sopracitate procedure, ma resta una possibilità concreta. Qui devono entrare in gioco i tempi che ci sono dati in sorte di vivere, con il loro gigantesco bagaglio di soluzioni tecnologiche. Ci interroghiamo sul mancato funzionamento di un sistema di sicurezza sulle rotaie che dovrebbe segnalare la presenza di persone e oggetti. Chiaramente insufficiente, oltreché antiquato. La sicurezza non può essere soltanto una questione di norme: evapora senza una formazione seria. Aggiungiamo che però non può esistere senza rilevanti investimenti in infrastrutture e ammodernamenti. In sistemi che sappiano supplire alle naturali mancanze e distrazioni umane. Investire in infrastrutture significa anche realizzare linee moderne, progettate per una sicurezza inimmaginabile su buona parte delle tratte ferroviarie italiane, ancora ferme al XX secolo. Proprio quegli investimenti e quei lavori che trovano nel nostro beneamato Paese eserciti di oppositori. Gli stessi pronti a versare lacrime ipocrite per tragedie evitabili anche non opponendosi ottusamente al progresso. dei Fulvio Giuliani

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