Non so cosa scrivere, non so cosa pensare o dire. Non credo ci sia qualcosa di particolarmente intelligente o profondo da condividere, se non lo spaesamento e lo sconforto. Certo nulla di nuovo, davanti all’ennesima, allucinante notizia di una ragazza uccisa nel fiore degli anni da un ex fuori controllo, fuori di testa. Fuori da qualsiasi senso di umanità.
Aveva vent’anni la ragazza massacrata a Cologno Monzese, alle porte di Milano, ma quante volte abbiamo sentito di vittime di trenta, quaranta, cinquanta, sessanta. Perché non c’è limite anagrafico o temporale a queste esplosioni di furia belluina. Sofia, finita accoltellata a morte alla gola in una serata d’estate come tante, aveva appena passato un po’ di tempo con un’amica e postato una fotografia di un’alba dopo un’uscita serena, una nottata spensierata. Normale.
Poi, l’apocalisse, perché un essere senza percezione di sé e degli altri, accecato da un odio tanto grande quanto inconcepibile, ha deciso che l’”onta” – o qualsiasi altra cosa abbia pensato di aver subito nel suo cervello vuoto e allucinato – potesse essere “lavata” solo nel sangue della sopraffazione estrema. Come in una miriade di altri casi che sconvolgono per abiezione e ripetitività. Lo schema è sempre lo stesso, al punto che si sprecano gli appelli a non concedere “l’ultimo appuntamento“ all’uomo che dia anche minimi segni di rifiuto della realtà. Di non aver capito il “No”, il “basta”, che troppe volte fanno scattare l’irreparabile.
Eppure come si fa, quando è così umano pensare che non possa mai capitare a te, a tua figlia, che non possa mai essere proprio quel ragazzo con cui hai diviso tempo, affetti, emozioni l’ennesimo mostro pronto a cancellarti sull’altare della sua mascolinità offesa.
Da uomo, ma che razza di uomini sono questi? Da padre, come ci si tutela, come si educano i propri figli e le proprie figlie al rispetto e alla consapevolezza? Quali strumenti dare agli uni per crescere come uomini degni di questo nome e alle altre gli elementi utili a captare i segni di pericolo, lanciare l’allarme, mettersi in sicurezza? Domande a cui non proviamo neppure a dare delle risposte con un accettabile grado di sicurezza.
Di sicuro, siamo stufi di chi minimizza, di chi si gira dall’altra parte, di chi dice che è sempre accaduto e che anzi ora parlandone abbiamo almeno portato il dramma alla luce del sole. Se anche fosse sempre accaduto così – e abbiamo i nostri dubbi, perché in questi tempi tormentati troppi uomini reagiscono come delle belve impazzite ai mutamenti di una società che semplicemente rifiutano – saremmo comunque sconvolti dalla consapevolezza che possa accadere ancora in pieno III millennio. Nonostante tutte le informazioni, i confronti, i dibattiti e le riflessioni. Un dolore che si ripete, sempre uguale.
Di Fulvio Giuliani
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