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L’impero in bancarotta

Oggi la Federazione Russa deve pagare, a termini di contratto, un’obbligazione sovrana in dollari Usa. Se non paga, causa sanzioni o per autonoma decisione, entra in default tecnico.
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L’impero in bancarotta

Oggi la Federazione Russa deve pagare, a termini di contratto, un’obbligazione sovrana in dollari Usa. Se non paga, causa sanzioni o per autonoma decisione, entra in default tecnico.
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L’impero in bancarotta

Oggi la Federazione Russa deve pagare, a termini di contratto, un’obbligazione sovrana in dollari Usa. Se non paga, causa sanzioni o per autonoma decisione, entra in default tecnico.
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Oggi la Federazione Russa deve pagare, a termini di contratto, un’obbligazione sovrana in dollari Usa. Se non paga, causa sanzioni o per autonoma decisione, entra in default tecnico.
Oggi la federazione russa deve pagare, a termini di contratto, un’obbligazione sovrana in dollari Usa. Se non paga, causa sanzioni o per autonoma decisione, entra in default tecnico. Ha 30 giorni di grace period per sanare il difetto ma se non lo fa entra in default legale, con conseguenze automatiche a catena sull’intero debito pubblico esterno. Il ministro russo delle Finanze ha detto che pagheranno in rublima un ipotetico siffatto pagamento sarebbe privo di valore legale, a norma di contratto. Dal 17 aprile i creditori sarebbero dunque liberi di chiedere ai tribunali federali di New York sequestri giudiziari di beni russi aggredibili. Le riserve russe in dollari sono state congelate dalle sanzioni ma godono di immunità sovrana, salvo diversa decisione dell’amministrazione Biden. Se le riserve diverranno aggredibili, è immaginabile che Putin chiederà ai clienti della Russia di pagare il gas in rubli o in renminbi, la valuta cinese. L’Occidente, causa sanzioni, non potrà pagare in rubli e la possibilità di pagare in renminbi dipenderà dall’esito dei colloqui in corso. Ovviamente è auspicabile che nei 30 giorni del periodo di grazia si ponga fine all’aggressione russa con un accordo accettabile, ma se così non fosse – e se il conflitto non avrà conosciuto un’escalation nucleare che aprirebbe scenari difficilmente immaginabili – a metà aprile vedremo se Putin avrà finito i soldi, gli uomini e i mezzi per proseguire la sua sconsiderata avventura militare o se l’Europa dovrà attrezzarsi per affrontare il prossimo inverno senza forniture di gas russo e dunque al freddo. La soluzione, o la mancanza di soluzione, verrà da Pechino. Se i cinesi sosterranno lo sforzo bellico russo o si renderanno disponibili apertamente per aggirare le sanzioni, è quasi inevitabile una escalation sanzionatoria diretta alla Cina, con conseguenze estremamente rilevanti e immediate per il commercio e l’economia globale. Anche le vaste riserve cinesi in dollari rischierebbero il blocco. Se i cinesi opteranno realmente per una qualche soluzione negoziata, Putin si troverà a dover decidere tra proseguire nell’assalto come la light cavalry brigade inglese a Balaclava nella guerra di Crimea, andando incontro a un massacro politico, oppure accettare la leadership del compagno Xi. Si spera ovviamente che la tragedia si risolva prima dell’autunno, altrimenti le elezioni americane di metà mandato si svolgeranno in un contesto imprevisto. I senatori repubblicani hanno chiesto a Biden di fornire subito cacciabombardieri a Zelensky mentre Trump ha dichiarato di essere stato il presidente più ostile a Putin della Storia, ma temo non gli creda neppure sua moglie che è slovena. Mao disse: «La confusione è grande sotto il cielo. La situazione è eccellente». Noi, che non siamo mai stati maoisti, concordiamo sulla prima parte dell’affermazione ma non sulla seconda.   di Ottavio Lavaggi

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