Tra le mode alimentari del momento sta prendendo sempre più piede il digiuno intermittente, una sorta di digiuno parziale che consiste nel restringere a otto o meno le ore in cui si mangia. La maggior parte di chi lo pratica, si limita a saltare la colazione o la cena ma c’è anche chi riduce la sua alimentazione a un monopasto da consumare in mezzo alla giornata.
Ma da dove nasce questa idea del digiuno orario? Dal solito studio sui ratti, pubblicato in questo caso nel 1997 sulla rivista “New England Journal of Medicine”. Da questo studio emergeva che nei ratti di laboratorio la riduzione di cibo migliorava l’aspettativa di vita e rallentava i processi di invecchiamento.
Da allora, sono stati condotti centinaia di studi controllati su animali e decine di studi clinici su regimi di digiuno intermittente, rilevando innumerevoli vantaggi sul processo di invecchiamento, sulla regolazione dell’insulina, sull’attività cardiaca. Peccato che si trattasse sempre e comunque per la maggior parte di studi effettuati sugli animali e, nella migliore delle ipotesi, su soggetti di sesso maschile.
Nonostante questo, la moda del digiuno intermittente ha preso sempre più piede, fino a diventare una delle app “salute” più scaricate dai dispositivi. Applicazioni che ti permettono di impostare il peso desiderato e ti propongono il digiuno più appropriato per raggiungerlo.
Inutile dire che un regime alimentare che prevede l’astensione dal cibo per la maggior parte della giornata non può essere prescritto da una app ma solo da professionisti del settore e sotto stretto controllo medico. Non solo.
Uno studio del 2005 pubblicato su “Obesity Research” dimostra che, dopo tre settimane di digiuno intermittente, l’equilibrio glicemico nelle donne peggiora invece che migliorare, come invece accade negli uomini. Allo stesso modo, il digiuno intermittente peggiora la funzionalità ovarica e altera il ciclo mestruale, causando anche problemi di fertilità (come dimostra uno studio apparso nel 2018 sulla rivista scientifica “Endocrine”). Per non parlare poi del fatto che i meccanismi di compenso che l’organismo mette in atto di fronte a una situazione di digiuno, e che vengono studiati come benefici, sono meccanismi protettivi utili nel breve periodo.
Nel lungo periodo invece si danneggiano cuore e arterie, si compromette la funzione renale e non è nemmeno detto che si dimagrisca perché il metabolismo, nel tempo, si adatta alla restrizione e non reagisce più allo stress a cui è sottoposto attivando meccanismi antiossidanti.
Ecco perché bisognerebbe smetterla col proporre questi regimi alimentari restrittivi mascherandoli da sani stili di vita su base scientifica: non sono sani e non hanno nemmeno una vera base scientifica. A meno che non si parli di ratti.
Di Maruska Albertazzi
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