Bambini e ragazzi giovanissimi, oggi, possono avere accesso a contenuti pornografici già da piccolissimi, magari anche a 10 anni, senza che vi sia alcun filtro. Un tempo il mondo dell’hard era relegato in qualche rassicurante mobile di casa, rappresentato da immagini sì spinte ma che restavano “immobili” su dei giornaletti; oggi invece il porno è animato, ben più variegato e viaggia in rete, praticamente è sempre accessibile.
Così, il piccolo non solo non ha problemi nel trovare video (e non solo foto) pornografici sul web, ma può anche scegliere tra un’ampissima selezione che si staglia davanti ai suoi occhi in stile mercato rionale: non carote, zucchine e pomodori in vetrina bensì bionde, more e rosse.
L’estrema facilità nel reperire questi contenuti svilisce il valore che la persona dà al sesso.
Peccato che, appunto, non si tratti di derrate alimentari, ma di un aspetto fondamentale nella vita di ogni individuo. A tutta questa varietà offerta dal web, si contrappone una educazione sessuale vicina allo zero da parte di tante famiglie italiane e nei programmi di pubblica istruzione.
Quando ero piccolo alle scuole elementari studiavamo educazione civica, col tempo passata anche di moda, eppure mai ho sentito parlare di sesso. Come se non facesse parte dell’educazione di un cittadino, un “civis” appunto, una conoscenza del sesso sana, e non distorta come quella ritratta dall’industria del porno.
L’idea che ci facciamo del sesso riguarda anche il rapporto e il rispetto verso le altre persone, dell’altro o dello stesso genere. Che idea immaginiamo possa farsi del sesso un bambino che lo ha visto solo in una finzione multimediale? Mai ne ha sentito parlare in termini relazionali o scientifici, ci vede solo delle “prestazioni”.
E questo non influisce solo sull’idea del sesso in generale ma anche verso di sé. L’impari confronto con gli attori hard può spesso svilire e far sentire poco capaci i ragazzini che invece dovrebbero vivere la sessualità per quello che è: il più grande momento di unione e condivisione con un’altra persona, non una disciplina olimpica.
Ma c’è dell’altro che allontana i video pornografici dalla realtà: spesso infatti sono il risultato di un lavoro di montaggio che sfugge allo sguardo, disattento e trepidante, dell’adolescente.
Forse l’idea di inserire un parental control su alcuni siti (proposta dalla Lega nell’estate scorsa) non era, poi così assurda. Si sarebbe trattato di un filtro per bloccare l’accesso a determinati siti, sbloccandolo solo con il consenso del titolare del contratto, quindi una persona necessariamente maggiorenne.
Così come sarebbe auspicabile (perché no?) specificare prima dei video che si tratta di una vera e propria produzione multimediale, con un importante lavoro di editing e che quella, a scanso di equivoci, non è la realtà.
Di sicuro però sarebbero solo dei palliativi, laddove la soluzione è sempre e solo una: abbattere i tabù e formare persone realmente mature ed educate, non perbeniste.
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