Il dibattito alla Costituente sulla rieleggibilità del Capo dello Stato
Il dibattito sulla rieleggibilità è un dilemma che si ripropone. Non manca molto alla scadenza del settennato del Presidente Sergio Mattarella e non sappiamo se sarà rieletto. La durata in carica del Capo dello stato venne dibattuta molto già dai costituenti.
Il dibattito alla Costituente sulla rieleggibilità del Capo dello Stato
Il dibattito sulla rieleggibilità è un dilemma che si ripropone. Non manca molto alla scadenza del settennato del Presidente Sergio Mattarella e non sappiamo se sarà rieletto. La durata in carica del Capo dello stato venne dibattuta molto già dai costituenti.
Il dibattito alla Costituente sulla rieleggibilità del Capo dello Stato
Il dibattito sulla rieleggibilità è un dilemma che si ripropone. Non manca molto alla scadenza del settennato del Presidente Sergio Mattarella e non sappiamo se sarà rieletto. La durata in carica del Capo dello stato venne dibattuta molto già dai costituenti.
Il dibattito sulla rieleggibilità è un dilemma che si ripropone. Non manca molto alla scadenza del settennato del Presidente Sergio Mattarella e non sappiamo se sarà rieletto. La durata in carica del Capo dello stato venne dibattuta molto già dai costituenti.
Si avvicina la scadenza del settennato di Sergio Mattarella e ci chiediamo se sarà rieletto. Tutti sappiamo che è già accaduto con Giorgio Napolitano, ma torniamo alle radici della Costituzione.
La durata in carica del Capo dello Stato venne molto dibattuta dai costituenti. I democristiani erano favorevoli a un rafforzamento della figura presidenziale e quindi puntavano a un mandato lungo e rinnovabile. Invece le sinistre erano preoccupate della concentrazione di potere nella carica di Presidente e quindi si orientavano per un mandato più breve e comunque non rinnovabile.
Il compromesso fu trovato nel testo del progetto preliminare: «Il Presidente della Repubblica è eletto per 7 anni e non è rieleggibile». Era il 21 gennaio 1947 e il clima di diffidenza fra democristiani e comunisti si faceva sempre più aspro.
Non a caso, esattamente il giorno prima, il governo De Gasperi II era andato in crisi, dopo la scissione di Palazzo Barberini che aveva portato Saragat e la sua corrente fuori dal Partito socialista, creando il Partito socialista democratico italiano. Del resto, De Gasperi era appena tornato dal suo viaggio negli Stati uniti in cui aveva gettato le basi per il sostegno americano e gli aiuti economici del piano Marshall.
In questo contesto la mattina del 21 gennaio, alla Costituente, Togliatti e Moro finirono a battibeccare sulla rieleggibilità del Capo dello Stato. In un paradossale cambio di posizioni, Togliatti sostenne che un divieto assoluto di rielezione era eccessivamente rigido perché avrebbe rischiato di privare il Paese dell’ufficio di persone che avevano dimostrato di possedere le «qualità particolari» necessarie allo svolgimento dell’incarico. E quindi propose una «non rieleggibilità immediata». Contro si espresse invece Moro, secondo cui stabilire la non rieleggibilità immediata avrebbe significato annullare di fatto la possibilità di rielezione.
Del resto, in quegli anni Franklin Delano Roosevelt si era fatto eleggere per quattro mandati presidenziali. Nel silenzio della Costituzione Usa sulla rieleggibilità. E proprio in quei primi mesi del 1947 il Congresso Usa stava avviando la procedura che avrebbe portato alla introduzione del XXII emendamento costituzionale: cioè il limite del doppio mandato.
Il punto tornò all’esame nella seduta del 22 ottobre 1947 e il relatore Tosato si concentrò soprattutto sulla durata: «Il fatto che il Presidente sia eletto per sette anni, mentre le Camere sono elette rispettivamente per 5 e 6 anni, serve a soddisfare l’esigenza di una certa permanenza, di una certa continuità nell’esercizio delle pubbliche funzioni; mentre contribuisce a rafforzarne l’indipendenza rispetto alle Camere che lo eleggono. Che le Camere si rinnovino e il Presidente resti, significa svincolare il Presidente dalle Camere, dalle quali deriva, e rinvigorirne la figura».
Nulla venne detto sulla non rieleggibilità. Lasciandola alla prassi e approvando quello che è il testo dell’art. 85, 1° comma: «Il Presidente della Repubblica è eletto per sette anni». In pratica, nel silenzio della Costituzione il problema della rieleggibilità è rimasto aperto. Certo, è vero che 7 anni è già una durata lunga, quindi la rielezione non sembra opportuna in una logica di alternanza del potere. Ma, per esattezza, non è vietata, quindi è possibile.
di Alfonso Celotto
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