Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, è stato assolto ieri a Siena (in una delle costole del processo Ruby ter) dove era imputato per corruzione in atti giudiziari. È stato assolto dopo un procedimento andato avanti a lungo. Siamo felici per il Cavaliere ma quel che ci interessa evidenziare in queste righe non è il commentare una sentenza bensì il ragionare su quanto pesi, per un politico e un leader in Italia (ma anche per un semplice cittadino), essere in attesa di verdetto per anni e anni.
Il tema è sempre lo stesso, dallo scoppio di Tangentopoli in avanti, quando il giustizialismo – a cominciare dai giornali – è diventato quasi una corrente di pensiero: può bastare il fatto di avere un processo (o dei processi) in corso (o, in alcuni casi, solamente un avviso di garanzia) per rallentare una carriera e una leadership politica? No, in un Paese garantista non dovrebbe bastare ma l’Italia, a dirla tutta, ha perso da tempo il gusto del garantismo, e non soltanto verso la politica.
Anche per questo oggi, che una riforma della giustizia è stata approvata da poco tempo con un’ampia maggioranza, sarebbe comunque il caso di non abbassare la guardia sulla necessità del garantismo. Perché una democrazia occidentale, compiuta ed equilibrata, non può mai farne a meno, soprattutto nel suo dibattito civico e di fronte all’opinione pubblica. Ieri per Silvio Berlusconi è stata una buona giornata. Sarebbe bello segnasse anche l’inizio di un ritorno a un sano equilibrio tra politica, giustizia e stampa.
di Jean Valjean
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