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Chi non vuole Zelensky a Sanremo

C’è chi vuole impedire che il presidente ucraino Volodomyr Zelensky intervenga con un messaggio alla serata finale del Festival di Sanremo
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Chi non vuole Zelensky a Sanremo

C’è chi vuole impedire che il presidente ucraino Volodomyr Zelensky intervenga con un messaggio alla serata finale del Festival di Sanremo
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Chi non vuole Zelensky a Sanremo

C’è chi vuole impedire che il presidente ucraino Volodomyr Zelensky intervenga con un messaggio alla serata finale del Festival di Sanremo
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C’è chi vuole impedire che il presidente ucraino Volodomyr Zelensky intervenga con un messaggio alla serata finale del Festival di Sanremo
L’ultimo fronte del radicalismo chic – con spruzzate di populismo che non deve mai mancare – è quello in cui si combatte un’eroica battaglia dialettica, anzi diciamo le cose come stanno, si vuole impedire al presidente ucraino Volodomyr Zelensky di intervenire con un messaggio nella serata finale del Festival di Sanremo. Si schierano contro le decisioni assunte dei vertici della televisione di Stato e del responsabile-conduttore della kermesse televisiva Amadeus, un manipolo di eterogenei protagonisti dell’equidistanza pelosa. C’è il tribuno Alessandro Di Battista, Carlo Freccero in versione vate, il vignettista Vauro e il suo orgoglioso comunismo fermo agli anni ‘50, lo scrittore e conduttore Fabio volo. Più sfumati, anche il vice presidente della Camera Maurizio Gasparri e un leader della maggioranza che sostiene il governo Meloni, Matteo Salvini. Quest’ultimo si è limitato alle battute che tanto ama e che ai tempi d’oro della sua popolarità scuotevano fino alle fondamenta Twitter. Altri tempi. Alcuni di costoro, “minacciano“ di presentarsi in piazza il sabato della finale di Sanremo per un “controfestival”. Conteremo telecamere e partecipanti. Che Zelensky non debba piacere a tutti o essere simpatico a ciascuno per contratto è pacifico, che il dibattito sul contributo italiano allo sforzo militare ucraino per la propria sopravvivenza sia una delle mille differenze fra noi e la dittatura di Putin è solare e benedetto. Che il confronto possa scadere in una sceneggiata radical-populista, però, ci fa venire i brividi. Le circostanze e la furia belluina di Putin per gli aiuti dell’Occidente a Kiev hanno fatto cadere questa alzata di scudi nelle stesse ore in cui una pioggia di missili si abbatteva in modo indiscriminato sui civili di un Paese martoriato da quasi un anno. Mentre lor signori facevano i finti scandalizzati perché si offrirebbe il palcoscenico popolare più ampio e ambito del nostro Paese a uno dei due “leader in guerra” – mettendo sullo stesso piano il dittatore aggressore l’aggredito! – in Ucraina si moriva o ci si rintanava come topi. In realtà è solo una riedizione dei mal di pancia sul conflitto e delle antiche passioni per l’uomo forte del Cremlino. Evidentemente durissime a morire. Se ne facciano una ragione: l’Italia è e resterà con l’Ucraina, al fianco dei suoi alleati, amici e partner dell’Occidente. L’Italia – in continuità fra due personalità distanti come quelle di Mario draghi e Giorgia Meloni – e resterà dalla parte di chi è stato aggredito, massacrato, vessato. Con Volodomyr Zelensky che ha distrutto mediaticamente Vladimir Putin, diventando l’immagine, l’essenza stessa di un Paese e di un popolo. Continuerà la sua battaglia anche al Festival di Sanremo, lasciando schiumare nel nulla questa strana accozzaglia di putinisti, nostalgici, propagandisti e populisti senza troppi scrupoli. di Fulvio Giuliani

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