È ora di finirla, tutti. Ci riferiamo ai governi e alle maggioranze al potere in Francia e in Italia, ormai impegnate da anni in un periodico braccio di ferro non sappiamo se definire più ridicolo o direttamente da analisi psicologica.
L’ultimo incidente è stato innescato dal ministro dell’Interno del governo transalpino Gérald Darmanin, lanciatosi in una spericolata (e sbagliatissima) invettiva contro il governo Meloni e la figura della presidente del Consiglio in persona sul sempre delicato tema dei migranti. Parole acri – quando si arriva a parlare di “incapacità” in un mondo ad altissimo tasso di suscettibilità come la politica l’imbufalimento è una certezza – che hanno dato molto fastidio anche all’Eliseo e nel governo della premier Elisabeth Borne. Non a caso ieri è stata quest’ultima a tentare una prima ricucitura con Roma. Giudicata non sufficiente dal governo italiano.
Oltre le schermaglie diplomatiche e nell’assoluta consapevolezza che l’incidente verrà ricomposto come le altre volte (nell’auspicio che lo si faccia magari guardandosi un po’ più dritto negli occhi e dicendosi ciò che è necessario dirsi, come in qualsiasi rapporto fra persone intelligenti e realmente interessate a comprendere posizioni ed esigenze altrui), resta la ridicolaggine di fondo di questi screzi. Potremmo limitarci anche al solo tema dei migranti, ma la realtà è che Italia e Francia – o Francia e Italia se preferite – sono così legate nei loro destini a breve, medio e lungo termine da non poter semplicemente neppure pensare ciascuna di fare a meno dell’altra.
Detto della questione migratoria, le interconnessioni economiche sono così diffuse – e anche meno sbilanciate a favore francese come si è soliti ritenere – le scelte di politica europea e più in generale di politica estera così intrecciate da obbligare i governi a smetterla. Il che non significa andare d’accordo per forza e ancor meno per questioni strettamente formali. Suggerisce, piuttosto, di smetterla di giocare a chi sia più dotato. Prove muscolari ben conosciute e assolutamente trascurabili che spetterebbe tanto per cominciare ai due capi spazzar via una volta per tutte.
Insomma, è bene che Emmanuel Macron e Giorgia Meloni facciano fino in fondo il lavoro per cui sono pagati: i leader di due Paesi al contempo destinati e obbligati a lavorare insieme. Le questioni e le simpatie personali devono stare a zero, è innanzitutto una questione di opportunità e responsabilità.
Quanto a tutto il resto, possiamo risolvercela sui campi da calcio.
Di Fulvio Giuliani
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