Hadja Lahbib, il kit Ue per la sopravvivenza è una cosa seria
Hadja Lahbib sorrideva come se stesse discorrendo di una crema solare o di un dentifricio. Invece che del kit Ue per la sopravvivenza
Hadja Lahbib, il kit Ue per la sopravvivenza è una cosa seria
Hadja Lahbib sorrideva come se stesse discorrendo di una crema solare o di un dentifricio. Invece che del kit Ue per la sopravvivenza
Hadja Lahbib, il kit Ue per la sopravvivenza è una cosa seria
Hadja Lahbib sorrideva come se stesse discorrendo di una crema solare o di un dentifricio. Invece che del kit Ue per la sopravvivenza
Non conoscevamo la commissaria Ue per la Gestione delle crisi Hadja Lahbib. Belga, 55 anni, già ministro degli Esteri del suo Paese. Che si professa né di destra né di sinistra. Con i genitori musulmani praticanti ma che dice di sentirsi più attratta dal buddismo. Sarà forse proprio il suo buddismo ad averne ispirato la postura così serena evidenziata nel video in cui ha mostrato la “borsa della resilienza”? Quel video ha fatto molto discutere e ha sollevato un mare di proteste.
In effetti Lahbib sorrideva come se stesse discorrendo di una crema solare o di un dentifricio. Invece che del kit della sopravvivenza citato in un’intervista all’Afp: «Tutti i cittadini siano pronti a resistere, a essere strategicamente autonomi per almeno 72 ore». In caso di guerra, sottinteso. Nella borsa di Hadja Lahbib ecco dunque una decina di prodotti ritenuti essenziali, tra cui acqua, medicinali, una torcia, documenti d’identità, fiammiferi, cibo.
Molti hanno gridato al “terrorismo psicologico”. Trovando inconcepibile che una figura istituzionale di quell’importanza seminasse il panico nelle popolazioni europee. In poche parole, secondo i critici si tratterebbe di un atto di irresponsabilità mirante a costruire una psicosi di massa in un clima bellicista. Tutto è discutibile, figuriamoci. Va anche detto che la Svezia ha già distribuito alla popolazione un opuscolo con le istruzioni basilari in caso di guerra. Anche la Francia fornirà ai cittadini le istruzioni necessarie perché «l’obiettivo è dire ai francesi di prepararsi a qualsiasi eventualità, non solo al conflitto armato. Dato che la dottrina francese è quella della deterrenza, sarebbe controproducente concentrarsi esclusivamente sul conflitto armato», come ha fatto sapere il Ministero della Difesa francese.
La stessa Ursula von der Leyen ha spiegato che «i nostri Stati membri e le nostre imprese hanno bisogno degli strumenti giusti sia per prevenire le crisi sia per reagire rapidamente quando si verifica una calamità»: il fatto nuovo è che non si tratta più soltanto di alluvioni o terremoti, ma di guerra.
Occorre attrezzarsi alle evenienze peggiori o si fa finta di niente aspettando che passi ‘a nuttata? Il fatto che la guerra o comunque un episodio bellico sia ormai da considerare possibile alla stregua di un sisma o di un incendio non è certamente colpa della Commissione europea ed è infantile il ritornello secondo il quale a furia di evocare una disgrazia quella poi si avvera.
Va detto invece che è del tutto razionale mettere in conto una provocazione o peggio una strategia di sfondamento da parte delle armate di Vladimir Putin. Tanto più – come ha giustamente osservato Paolo Mieli sul “Corriere della Sera” – se il conflitto in Ucraina dovesse concludersi con una pace favorevole alla Russia, perché in questo caso Mosca potrebbe trarne lo slancio per una nuova offensiva ancora più nel cuore dell’Europa, con conseguente reazione (anche se non è chiaro come e per iniziativa di chi). Tutto questo non è allarmismo né tantomeno significa auspicare un conflitto.
Il fastidio per questi allarmi è comprensibile. Ma classi dirigenti degne di questo nome e con la consapevolezza della crucialità di questa fase debbono anche avere il coraggio di sfidare l’opinione pubblica e affrontare l’impopolarità: è quel che distingue i veri politici dai burocrati e dai demagoghi.
di Mario Lavia
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