DanNato, la Nato e il dannato ritardo difensivo europeo
Dobbiamo occuparci delle cose da farsi, fra le quali non è compresa la richiesta d’essere invitati, in quanto europei, a un tavolo negoziale che è stato concepito per colpire i nostri interessi. E la nostra alleanza difensiva, la Nato, subisce una torsione
DanNato, la Nato e il dannato ritardo difensivo europeo
Dobbiamo occuparci delle cose da farsi, fra le quali non è compresa la richiesta d’essere invitati, in quanto europei, a un tavolo negoziale che è stato concepito per colpire i nostri interessi. E la nostra alleanza difensiva, la Nato, subisce una torsione
DanNato, la Nato e il dannato ritardo difensivo europeo
Dobbiamo occuparci delle cose da farsi, fra le quali non è compresa la richiesta d’essere invitati, in quanto europei, a un tavolo negoziale che è stato concepito per colpire i nostri interessi. E la nostra alleanza difensiva, la Nato, subisce una torsione
Dobbiamo occuparci delle cose da farsi, fra le quali non è compresa la richiesta d’essere invitati, in quanto europei, a un tavolo negoziale che è stato concepito per colpire i nostri interessi. E la nostra alleanza difensiva, la Nato, subisce una torsione
Dobbiamo occuparci delle cose da farsi, fra le quali non è compresa la richiesta d’essere invitati, in quanto europei, a un tavolo negoziale che è stato concepito per colpire i nostri interessi. Il tema della spesa per la difesa dev’essere ribaltato: da vincolo doloroso deve divenire occasione di crescita, politica ed economica, per l’Unione europea.
La nostra alleanza difensiva, la Nato, subisce una torsione. Può darsi che non sarà così forte come oggi appare o che si dimostrerà passeggera, ma – essendo evidente – è necessario fare i conti con il dannato ritardo difensivo europeo.
Le azioni politiche di Musk sono indirizzate alla distruzione dell’Ue, puntando alla crescita dei suoi avversari interni. L’impostazione negoziale scelta da Trump per la guerra in Ucraina comporta, nel migliore dei casi, una posposizione degli interessi difensivi europei. A parte i regali politici fatti a Putin, ne è dimostrazione l’idea stessa che gli ucraini debbano ripagarci qualche cosa, giacché già da sola comporta il considerare la resistenza all’invasione russa come un loro affare privato, che noi si è graziosamente favorito con aiuti che ora vanno compensati. Il punto di vista europeo è opposto: si tratta di una guerra che la Russia ha mosso alla sicurezza europea, talché noi si è deciso di aiutare l’Ucraina per evitare di doverla combattere direttamente ai nostri confini. Questa è la ragione per cui Paesi tradizionalmente neutrali (Finlandia e Svezia) sono entrati di corsa nella Nato, segnando la sconfitta politica di un Putin che ora Trump soccorre. Chiedere il rimborso è come mandare un soldato in guerra e poi, siccome lo hanno ammazzato, chiedere alla famiglia di pagare l’arma che ha perso e l’uniforme che ha rovinato.
Abbiamo un dannato ritardo, ma abbiamo anche punti di forza. È stata europea e non statunitense la decisione di considerare quell’invasione una minaccia sistemica alle democrazie occidentali. Sono stati gli aiuti europei – in soldi, soccorsi e armi – a coprire i buchi americani quando anche la presidenza Biden era bloccata all’interno. Siamo indietro con la nostra difesa, ma non siamo rimasti indietro con l’Ucraina. Quindi non si tratta di piatire una seggiola ma di andare avanti.
All’Ucraina vanno consegnate più e migliori armi, anche a costo di sguarnirsi. Nonostante il favore politico di Trump, la Russia di Putin resta protagonista di un disastro militare e di uno stallo bellico che è già in sé un successo dell’Ucraina. Far venire meno, adesso, gli aiuti significherebbe buttare le risorse fin qui impiegate e perdere onore e credibilità.
Se la rigenerazione della difesa europea passerà dalle spese pubbliche nazionali e dalle deroghe ai parametri (giustamente) fissati a Maastricht e poi aggiornati, sarà una partita lunga, dolorosa e (il cielo non voglia) perdente. A noi serve una poderosa iniezione di orgoglio e di energie finanziarie, che vadano a fortificare la grande ed eccellente macchina industriale. Farlo accendendo debito comune significa trarne vantaggio politico e azionare una potente leva produttiva. Due cose che aiutano a presentare lo sforzo all’opinione pubblica non soltanto come una necessità ma anche come un’opportunità. Ciò aiuterebbe classi politiche nazionali – nelle famiglie popolari, socialiste e liberali – che non si sono rassegnate a consegnarsi ostaggi riluttanti dei populismi pompati da chi, a Est e a Ovest, vuole disintegrare l’Ue. Servirà a recuperare consensi, se si saprà procedere senza stupide vergogne e ottusi nazionalismi.
Trump definisce aggressive e brutali le nostre politiche commerciali. A sentire troppi europei sarebbero mosce e inutili. Se si vuole salvare la sicurezza in cui la nostra prosperità è cresciuta, fino a essere tanto temuta dai protezionisti americani, si abbandoni il costume dell’autodenigrazione per paura della propria potenza.
L’atlantismo e l’europeismo resteranno in tandem se si pedalerà senza nascondersi dietro l’illusione che oggi vuol vestire i panni del falso realismo.
di Davide Giacalone
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