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politica Elly Schlein

La storia politica già scritta di Elly Schlein

Elly Schlein non è riuscita ad affermare una politica alternativa al governo Meloni che, per paradosso, ha nella sterilità dell’opposizione il suo più sicuro alleato
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La storia politica già scritta di Elly Schlein

Elly Schlein non è riuscita ad affermare una politica alternativa al governo Meloni che, per paradosso, ha nella sterilità dell’opposizione il suo più sicuro alleato
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La storia politica già scritta di Elly Schlein

Elly Schlein non è riuscita ad affermare una politica alternativa al governo Meloni che, per paradosso, ha nella sterilità dell’opposizione il suo più sicuro alleato
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Elly Schlein non è riuscita ad affermare una politica alternativa al governo Meloni che, per paradosso, ha nella sterilità dell’opposizione il suo più sicuro alleato
La storia politica di Elly Schlein era già scritta prima di iniziare. Il suo arrivo alla guida del Pd al posto del troppo vincente Stefano Bonaccini fu una sorpresa calcolata che lei, con le sue prime parole, volle sancire con una frase a effetto che alla lunga è diventata un boomerang: «Ancora una volta non ci hanno visto arrivare». Il punto è che dopo meno di un anno dal suo arrivo al Nazzareno la stanno vedendo andar via settimana dopo settimana in una lenta marcia di avvicinamento alle europee che somiglia sempre più a un viale del tramonto senza che il sole sia mai spuntato. Dicono e scrivono – ed è vero – che nel Pd siano tutti contro Elly e che Elly sia contro tutti, ma ciò che conta non è l’eterna lotta intestina del partito italiano dalla storia più corta che ci sia ma dalla panchina di segretari politici più lunga mai vista. Ciò che conta per davvero è che la segretaria del principale partito d’opposizione non è riuscita ad affermare una politica alternativa al governo Meloni che, per paradosso, ha nella sterilità dell’opposizione il suo più sicuro alleato. Sabino Cassese è stato severo ma giusto nei riguardi di questa situazione e ha detto che l’opposizione va a caccia di farfalle. È questo il problema serio, serissimo di Elly Schlein, non Franceschini, Renzi e Gentiloni. Costoro sono un effetto, non una causa. Si sa – forse – che il grande Talleyrand una volta osservò che un errore politico è peggio di un crimine. L’errore politico della segreteria Schlein del Pd sta nell’ossessione femminista di contrapporre alla donna della destra alla presidenza del Consiglio una donna di sinistra a capo dell’opposizione. Un errore grave per almeno due motivi: a) perché la politica è un po’ come la poesia: se è artificiosa e non spontanea non funziona; b) perché la segreteria del Pd, indipendentemente dal genere, non rappresenta tutta l’opposizione e per quanti sforzi si facciano non è in grado di unire a sinistra tutto l’unibile. Su questa situazione di per sé bizzarra e imbizzarrita per natura si è innestato il fenomeno Schlein che – fra abbigliamento, snobismo, para-grillismo – in meno di dieci mesi ha trasformato il Pd da partito delle istituzioni in movimento radicale di massa senza sale: il realismo politico. La situazione è talmente surreale che vien quasi la voglia di difenderla la povera Elly. Ad esempio: a Lilli Gruber che le disse «Ma chi la capisce se lei parla così?» andava detto che la Schlein non è una marziana capitata per caso a Roma bensì è un frutto proprio di certo snobismo – “amichettismo” lo ha definito Fulvio Abbate – che fra salotti televisivi e salotti redazionali conta circa “Millecinquecento lettori” (per dirla con un titolo emblematico di Enzo Forcella) che confondono i problemi del Paese con i problemi del proprio week-end. Lo scollamento che c’è fra il Pd della Schlein e il Paese è figlio legittimo della divisione che c’è fra classe politica ideologica post comunista e mondo che portò – lo si ricorderà – a fare la medesima guerra intestina al segretario Renzi che alle europee dell’epoca raccolse il 40% dei consensi. Il problema, dunque, è nel manico. Come oggi la politica estera del Pd non è più filo-occidentale – e non si sa più che filo sia perché il filo lo ha perso inseguendo le oscenità grilline filo-russe e la indigesta tradizione di sinistra filo-araba – così la segreteria di Elly Schlein è semplicemente il frutto più maturo di questa confusione post ideologica che non ha fatto i conti con il suo passato e che pensa di tenere a bada i suoi demoni evocando a ogni piè sospinto il fantasma del fascismo. La storia di Elly è davvero già scritta, basta leggere quella del Pd. Di Giancristiano Desiderio

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