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L’area intermedia dopo la batosta elettorale per Azione, Italia viva e Radicali Italiani

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Qual è l’analisi della cocente sconfitta di Stati Uniti d’Europa e Azione alle elezioni europee? Un ripensamento di direzione e direttori

L’area intermedia dopo la batosta elettorale per Azione, Italia viva e Radicali Italiani

Qual è l’analisi della cocente sconfitta di Stati Uniti d’Europa e Azione alle elezioni europee? Un ripensamento di direzione e direttori

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L’area intermedia dopo la batosta elettorale per Azione, Italia viva e Radicali Italiani

Qual è l’analisi della cocente sconfitta di Stati Uniti d’Europa e Azione alle elezioni europee? Un ripensamento di direzione e direttori

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I dirigenti dell’ex terzo polo dovrebbero tenere a mente una frase di Palmiro Togliatti: «Attenti all’analisi, se sbagliate l’analisi sbagliate tutto». Ecco: qual è l’analisi della cocente sconfitta di Stati Uniti d’Europa e Azione alle elezioni europee? Quale lezione devono trarne questi due partiti? Forse lo stordimento post batosta ancora paralizza i cervelli, forse è meglio prendersi un po’ di tempo. Qui si possono solo abbozzare alcuni spunti, sgomberando per prima cosa il campo dalla umanissima ma infantile idea che ci sia stata sfortuna: «Sarebbero bastati un po’ di voti in più per acciuffare il 4%», come si è sentito dire. No, non è stato il destino cinico e baro.

Certamente una lista unitaria avrebbe superato lo sbarramento ma ormai è andata com’è andata e il dibattito-rissa sulle responsabilità della rottura, cioè di chi sia stata la colpa della divisione in due liste, è diventato stucchevole. Ma è chiaro che il fallimento degli ex terzopolisti ha dietro di sé qualcosa di più politicamente rilevante che rinvia a una domanda di fondo: in questo quadro politico che si bipolarizza e vede radicalizzare le posizioni, ha ancora senso teorizzare un’equidistanza, quasi trasmettendo un senso di estraneità alla reale lotta politica e addirittura ostentando una superiorità tecnico-politica veicolata da due leader che per varie ragioni non risultano esattamente popolari? Insomma, per farla più semplice, lo stare né di qua né di là non confonde le idee invece di chiarirle, non appare una via d’uscita al tempo stesso aristocratica e furbetta ma alla fine sterile e perdente?

C’è un centrosinistra da costruire: a occhio, il posto dei terzopolisti è là. Ma la risposta deve venire dagli iscritti e dagli elettori di Italia viva, Azione e Più Europa (qui una piccola parentesi: siamo all’epilogo della storia dei Radicali Italiani?). È giusto che in casi come questi, cioè di fronte agli insuccessi, ci si ponga il problema della o delle leadership. Pensiamo, come scritto, che il problema sia prima di tutto politico ma è inevitabile che Calenda, Renzi e sotto un altro aspetto i Radicali Italiani debbano porsi il tema del loro ruolo. Un passo indietro sarebbe utile soprattutto per promuovere nuovi dirigenti e smetterla con polemiche che ormai hanno stancato gli elettori.

Si prendano tutto il tempo che serve: Renzi ha già deciso che Italia viva farà un congresso. Dalle prime battute sembra però che a dominare siano ancora una volta nervosismi e risentimenti, più che le idee. Girano candidature già bombardate dagli altri amici di partito. Si tratta di cambiare linea e leader, ma non è chiaro cosa venga prima: un garbuglio, avrebbe detto Gadda. E l’incubo di finire in un vicolo cieco è reale. E forse, a pensarci bene, il problema davvero serio non è nemmeno il passo indietro dei capi attuali ma il passo avanti che dovrebbero fare i possibili nuovi leader. Che al momento non si vedono. Forza, se non ora quando?

di Mario Lavia

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