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Le Euroindecisioni sono rischiose per l’Italia

Magari a qualcuno potrà apparire impietoso e ad altri inopportuno. Però la realtà è come le notizie: non si può nascondere

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Le Euroindecisioni sono rischiose per l’Italia

Magari a qualcuno potrà apparire impietoso e ad altri inopportuno. Però la realtà è come le notizie: non si può nascondere

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Le Euroindecisioni sono rischiose per l’Italia

Magari a qualcuno potrà apparire impietoso e ad altri inopportuno. Però la realtà è come le notizie: non si può nascondere

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Magari a qualcuno potrà apparire impietoso e ad altri inopportuno. Però la realtà è come le notizie: non si può nascondere

Magari a qualcuno potrà apparire impietoso e ad altri inopportuno. Però la realtà è come le notizie: non si può nascondere. E la realtà è che quel 16 giugno del 2022 Mario Draghi viaggiava sul vagone verso Kiev assieme a Macron e Scholz ed era l’emblema del ruolo da protagonista assunto dall’Italia nella Ue e nella condizione geopolitica determinata dall’aggressione russa all’Ucraina. Ancora più urticante è ricordare le parole di Giorgia Meloni il 13 dicembre del 2023, a due mesi dal suo insediamento a Palazzo Chigi: «Per alcuni la politica estera è farsi la foto con Francia e Germania quando non si portava a casa niente».

Bene: al momento è esattamente niente quel che nel risiko europeo la presidente del Consiglio vittoriosa nelle elezioni europee di dieci giorni fa sta ottenendo nelle trattative per le nomine nell’Unione. Anzi, in verità non proprio niente bensì l’umiliazione di sentirsi bollare come «estremista» ed esclusa dagli incastri del top job continentale. È per questo che il raffronto con l’era Draghi è penalizzante per Roma. La realtà (di nuovo!) è che Meloni ha sbagliato tattica, non è chiaro se per inesperienza o imperizia. Giorgia infatti ha immaginato di poter arrivare a Bruxelles sulle ali del successo quale unico governo ad aver visto crescere i consensi a fronte delle disfatte del cancelliere e del presidente francese e poter di conseguenza indossare i panni di king (o queen) maker delle nomine. Ma non è così. Non può essere così.

Nel Parlamento europeo contano i rapporti di forza politici stabiliti dagli elettori. Nel Consiglio i capi di Stato e di governo rappresentano i rispettivi Paesi, non i partiti di appartenenza. In quella sede Meloni rappresenta l’Italia, non Fratelli d’Italia. Contano l’autorevolezza e la chiarezza di intenti, non le percentuali nelle urne. L’esempio giusto è proprio quello di Draghi. Che di voti non ne aveva neanche uno ma le idee chiare sì, eccome. In quel vagone infatti l’allora capo del governo italiano, in perfetto allineamento con Parigi e Berlino, portava in dote l’appoggio senza riserve a Zelensky e la richiesta che Kiev entrasse al più presto nella Ue. Meloni, al contrario, ha manifestato un ondeggiamento fra la voglia di essere la leader dei sovranisti duri e puri e la necessità di confrontarsi con le storiche intese che governano l’Europa. Un ondeggiamento che non ha giovato alla chiarezza delle posizioni italiane e che al momento l’ha tenuta fuori dalla maggioranza che potrebbe riconfermare Ursula von der Leyen al vertice della Commissione.

Più che mostrare irritazione per i giochi dei leader sconfitti dal voto – inevitabili visti i numeri e la rilevanza dei Paesi coinvolti – la presidente del Consiglio italiana farebbe bene a stabilire quale indirizzo adottare e quali compagni di viaggio scegliere. Peraltro per capire come funzionano le cose nei Palazzi europei basta vedere come si muove quell’espertissimo giocoliere Ue che risponde al nome di Donald Tusk, primo ministro polacco nonché negoziatore per conto del Ppe. Che ha una bussola precisa: tenere fuori dai giochi i suoi avversari interni del Pis, che invece anelano a una liaison con Meloni in funzione antisocialista.

È conveniente per l’Italia e per chi la governa che venga deciso al più presto a quale sponda europea aderire e con chi stare. Se vellicare gli «estremisti di destra» che fanno inorridire il cancelliere tedesco e Macron oppure entrare a far parte della maggioranza europeista che si appresta a eleggere e riconfermare i vertici Ue. Meloni ha tutto da perdere se continua a traccheggiare, non afferrando gli ami che la stessa Ursula le lancia. Proprio in Europa, infatti, la presidente del Consiglio ha ottenuto i riconoscimenti più importanti e il suo atlantismo e l’appoggio all’Ucraina l’hanno fatta crescere in autorevolezza. Mandare tutto all’aria non le gioverebbe certo: né a Bruxelles né a Roma.

di Carlo Fusi

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