Letta e Salvini hanno perso e dovrebbero velocemente lasciare il loro ruolo di leader. Eppure, questo non è ancora successo anche se, dall’una e dall’altra parte, per motivazioni opposte.
Letta e Salvini hanno perso e dovrebbero velocemente lasciare il loro ruolo di leader. Eppure, questo non è ancora successo anche se, dall’una e dall’altra parte, per motivazioni opposte.
Letta e Salvini hanno perso e dovrebbero velocemente lasciare il loro ruolo di leader. Eppure, questo non è ancora successo anche se, dall’una e dall’altra parte, per motivazioni opposte.
Letta e Salvini hanno perso e dovrebbero velocemente lasciare il loro ruolo di leader. Eppure, questo non è ancora successo anche se, dall’una e dall’altra parte, per motivazioni opposte.
Enrico Letta e Matteo Salvini hanno perso. Entrambi se ne dovrebbero andare. Entrambi hanno consumato una leadership nella sconfitta. Eppure, in quel contrappasso che è ormai la politica italiana, i destini dei due e le loro scelte divergono.
Letta se ne sarebbe voluto andare subito, con tanto di dimissioni, ma dal Partito democratico gli han fatto sapere che prima di far le valigie sarebbe opportuno traghettasse il partito in una difficile transizione, quella della sconfitta e del dopo Enrico Letta. L’altro ad andarsene invece non ci pensa proprio, scommettendo sulla vittoria della coalizione di cui faceva parte per mascherare il tonfo della Lega, ma si è ritrovato un partito che i conti comunque li vuole fare. Ergo ieri lo stesso Salvini, dopo aver spiegato che il sostegno della sua Lega al governo Draghi ha ridotto i consensi del Carroccio, ha annunciato che il suo «mandato da segretario è in mano ai militanti» e che oggi «ci sarà un primo Consiglio federale che porterà a un congresso federale» ma che lui resta carico e determinato.
Nei diversi destini e nelle diverse reazioni di Enrico Letta e di Matteo Salvini alla sconfitta è ben riassunta la debolezza di una democrazia leaderistica dove il leader che perde non se ne va (Salvini) e quando se ne vuole andare viene trattenuto per un po’ dai suoi (Letta). Segno evidente che le due leadership, in fin dei conti, non erano poi così forti. Una ragione sufficiente per avere nostalgia dei partiti. Quelli veri. Della prima Repubblica. Aridateceli.
Di Jean Valjean
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