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Cospito e il precedente (simile ma diverso) del 1921

Molto prima del caso Cospito, un altro anarchico italiano, Errico Malatesta, iniziò lo sciopero della fame nella sua cella di San Vittore. Era il marzo 1921
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Cospito e il precedente (simile ma diverso) del 1921

Molto prima del caso Cospito, un altro anarchico italiano, Errico Malatesta, iniziò lo sciopero della fame nella sua cella di San Vittore. Era il marzo 1921
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Cospito e il precedente (simile ma diverso) del 1921

Molto prima del caso Cospito, un altro anarchico italiano, Errico Malatesta, iniziò lo sciopero della fame nella sua cella di San Vittore. Era il marzo 1921
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Molto prima del caso Cospito, un altro anarchico italiano, Errico Malatesta, iniziò lo sciopero della fame nella sua cella di San Vittore. Era il marzo 1921
La storia degli anarchici è segnata da scontri furibondi al loro stesso interno e non potrebbe essere altrimenti per una filosofia politica che non riconosce la gerarchia, oltre – ovviamente – l’autorità. Da aggiungere che si tratta di una galassia che vede Tolstoj come autorevole esponente dell’anarchismo pacifista, mentre – restando nella Russia dove quel movimento si sviluppò con più forme, esprimendo anche il leader mondiale dell’anarchismo, Michail Bakunin – gli anarchici di Dostoevskij diventano “Demoni”. Una galassia che per il caso Cospito ha messo Fai contro Fai. La prima (Federazione Anarchica Italiana nata nel 1945 sulla base della Uai – l’Unione Anarchica Italiana – del 1920 ed entrata in clandestinità col fascismo) non ha infatti mancato di accusare gli “Informali” (cui appartiene Cospito) di confondere volutamente le acque a causa dell’appropriazione indebita di quella “I”, compiuta con destrezza nel 2003 della sua nascita con una pesca a strascico nel variegato mondo black bloc. La Federazione Anarchica Informale ha proprio nell’azione violenta la sua filosofia politica: è cioè il gesto che, in quanto tale, diventa azione politica, in continuità con “la propaganda del fare”, quella cui rispose Gaetano Bresci quando venne apposta dall’America per uccidere re Umberto I. Siccome l’obbiettivo è l’abbattimento della società (qualsiasi essa sia: di stampo fascista, comunista, liberale), ecco quindi che è l’azione l’unico “fatto” politico. Non esiste il confronto: solo la lotta senza quartiere e con ogni mezzo. In questi giorni pare che la parola anarchia sia al primo posto fra le ricerche Google, mentre si sentono e leggono blasfemie che uniscono gli anarchici alla mafia e alle Brigate rosse. In un mio recente libro dedicato al tema ho dovuto compiere una scelta precisa su più punti, fra i quali la limitazione agli anarchici italiani. Accenno qui solo a un episodio perché coerente con quanto sta accadendo. Nell’ottobre 1920 Errico Malatesta, riconosciuto leader del movimento anarchico italiano, venne rinchiuso a San Vittore. Nel marzo del 1921, in assenza di processo, iniziò quindi lo sciopero della fame. Le voci sulla sua salute diventarono sempre più allarmanti, anche in ragione dei suoi 68 anni, tanto da provocare uno sciopero. Un gruppo di anarcoindividualisti mise in campo “la propaganda del fatto” nonostante fosse fortemente osteggiata da Malatesta. Fra gli attentati, il più devastante fu quello al Teatro Diana di Milano del 23 marzo, con la morte di 21 persone e 80 feriti (fra cui alcuni mutilati). Malatesta fu poi liberato perché le accuse non reggevano un rinvio a giudizio; non per quell’attentato che, invece, favorì la crescita del consenso al fascismo. Le azioni dell’informale Cospito sono criminalmente esecrabili anzitutto per lui. La sua lotta contro il 41-bis non ha via d’uscita se non la sua stessa vita. Ma non diventerà il Bobby Sands italiano. Di Pino Casamassima

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