Politica, di cosa (non) parla la sinistra
Oggi la sinistra (ma non solo) parla di tutto: dal sesso agli angeli, di pace e di guerra. Ma non sa più discutere di problemi reali che attengano alla vita normale

Politica, di cosa (non) parla la sinistra
Oggi la sinistra (ma non solo) parla di tutto: dal sesso agli angeli, di pace e di guerra. Ma non sa più discutere di problemi reali che attengano alla vita normale
Politica, di cosa (non) parla la sinistra
Oggi la sinistra (ma non solo) parla di tutto: dal sesso agli angeli, di pace e di guerra. Ma non sa più discutere di problemi reali che attengano alla vita normale
Ve lo ricordate il film di Nanni Moretti “Aprile”? C’è una frase del protagonista – lo stesso Moretti – che è diventata un tormentone e ha finito per tormentare sia la sinistra sia noi poveri mortali: «D’Alema, di’ qualcosa di sinistra». Questa frase, diventata una sorta di autobiografia dei sinistrati – è sempre una nobile citazione, in questo caso di Edmondo Berselli – è la maledizione della sinistra italiana, che a furia di dire “qualcosa di sinistra” ha finito con il non dire più niente per l’insano tentativo di dire tutto.
Oggi davvero la sinistra – non soltanto la sinistra, è chiaro, ma atteniamoci a questo campo che, dovendo costituire un’alternativa di governo, è quanto mai prezioso per una decente democrazia – parla di tutto, dal sesso agli angeli, di pace e di guerra, ma non sa più discutere di problemi reali che attengano alla vita normale.
Le parole più usate dalla sinistra
Sapete qual è la parola più usata a sinistra negli ultimi tre anni? Fascismo. Ma il fascismo è finito il 25 luglio 1943 e parlarne oggi ossessivamente è una inconsapevole ammissione di impotenza politica e sociale.
Sapete qual è la parola più usata a sinistra negli ultimi tre mesi? Gaza. Ma la città di Gaza, per quanto sia oggi rilevante nel mondo, non è Ancona e parlando solo e sempre di Gaza la sinistra ha finito con il non sapere cosa dire ad Ancona e ai marchigiani. Sapete qual è la parola più usata a sinistra negli ultimi tre giorni? Sciopero. Ma lo sciopero ripetuto ogni tre giorni – a scuola, nei trasporti, nel pubblico impiego – si svilisce, perde significato e diventa inutile.
Non saper più parlare di problemi reali e praticabili soluzioni è il più grave e più grande problema della sinistra italiana e, forse, non soltanto italiana. Fa fede, infatti, ciò che dice Raphaël Glucksmann (figlio del filosofo André, leader del movimento Place publique e favorito per la corsa all’Eliseo per la gauche): «Le sinistre devono tornare a parlare di lavoro e salari, se vogliono difendere la democrazia». Semplice. Normale. Persino scontato. Eppure, straordinario. Cioè fuori dall’ordinario, dove non esistono più parole semplici corrispondenti a fatti particolari ma soltanto teorie generali che sono sproloqui e vaniloqui.
Dov’è il problema? Nella storia
Dov’è il problema? Nella storia. Non si può parlare di lavoro e salari come se si vivesse nel secolo scorso. Dunque, diciamo che bisogna imparare a parlare di lavoro e salari e innovazione perché la innovazione continua è, lo si voglia o no, il nostro pane quotidiano. Per dirla tutta, la democrazia e il governo limitato – perché dovrebbe essere chiaro che non si può governare tutto – sono una perenne innovazione, una continua messa in forma. Governare significa sempre ri-formare; insomma, lavorare. La democrazia è faticosa. È una fatica di Sisifo, solo che in questo caso Sisifo è utile. Altrimenti si scivola verso le illusioni e i miti, che però sono reali, della reazione o della rivoluzione. Ossia la fine della democrazia.
Che cosa è accaduto alla sinistra? È accaduto, proprio mentre Nanni Moretti aveva l’intuizione del suo film, che ha perso il suo mito della rivoluzione e non ha accettato la necessità del laburismo, del riformismo e ha imboccato le infide scorciatoie del giustizialismo, dell’antifascismo e ora persino del palestinismo. Quella frase di Nanni Moretti è una maledizione perché davvero a sinistra hanno creduto di dover dire “qualcosa di sinistra” nei confronti di Berlusconi che vinceva le elezioni nel 1994, mentre era necessario prendere atto con onestà intellettuale e politica che la “gioiosa macchina da guerra” evocata da Achille Occhetto era finita sotto le macerie del muro berlinese e volata via nelle note di Rostropovich che suonava il suo violoncello Stradivari mentre il muro si sgretolava. Qui la sinistra è diventata muta pur parlando a profluvio.
di Giancristiano Desiderio
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