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Pontieri, le prime parole di Papa Leone XIV e i messaggi inviati al nuovo Pontefice

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Molti dei messaggi inviati al nuovo Pontefice – Papa Leone XIV – trasudano ipocrisia, quando non falsità. Prevost ha parlato dei ponti da costruire

Pontieri, le prime parole di Papa Leone XIV e i messaggi inviati al nuovo Pontefice

Molti dei messaggi inviati al nuovo Pontefice – Papa Leone XIV – trasudano ipocrisia, quando non falsità. Prevost ha parlato dei ponti da costruire

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Pontieri, le prime parole di Papa Leone XIV e i messaggi inviati al nuovo Pontefice

Molti dei messaggi inviati al nuovo Pontefice – Papa Leone XIV – trasudano ipocrisia, quando non falsità. Prevost ha parlato dei ponti da costruire

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Molti dei messaggi inviati al nuovo papa – papa Leone XIV – trasudano ipocrisia, quando non falsità. Prevost ha parlato dei ponti da costruire. Lo ha fatto in un contesto in cui vi si ricomprende la questione delle emigrazioni, ma si spinge ben oltre. Dopo di che sono arrivate le felicitazioni e l’auspicio che favorisca il dialogo. Ma taluni mittenti sono distruttori di ponti e negatori di ogni possibilità di dialogo.

Un sicuro costruttore di ponti fu Robert Schuman, allora ministro degli Esteri francese, che il 9 maggio 1950 propose e avviò la costruzione di una Comunità europea, cominciando dal carbone e dall’acciaio. Nelle guerre mondiali quelle erano materie che si conquistavano con il sangue, un po’ come oggi si barattano guerre con terre rare, ma Schuman propose di metterle in comune. Disse: «La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano». Quello spirito europeo – che ieri è stato festeggiato anche in Ucraina – vive ancora oggi nell’adoperarsi dell’Unione Europea. Fin dalle prime ore del conflitto e fin da quelle che lo precedettero, per trovare uno spazio di negoziato. Negato da Putin. E vive nella decisione, politica e ferma, di aiutare finché sarà necessario il popolo aggredito dai russi.

Mentre noi europei viviamo quello spirito, ieri in Russia hanno ricordato un’altra ricorrenza: la vittoria sui nazisti, il 9 maggio 1945. C’è molto da imparare, da quella storia. Anche perché, come è noto, Putin accusa di nazismo gli odierni ucraini, laddove furono fra i più valorosi combattenti in una carneficina che costò all’Unione Sovietica più di 20 milioni di morti. Una storia che non dovrà mai essere dimenticata, ma neanche smozzicata: la Seconda guerra mondiale inizia il 1° settembre 1939 con l’invasione nazista della Polonia; l’Urss entra in guerra il 22 giugno 1941. Dov’era stata nel frattempo? Cosa aveva fatto nel mentre le democrazie europee reagivano all’aggressione di Hitler? Era alleata di Hitler e con lui aveva deciso di spartirsi la Polonia.

Non fu Stalin a rompere l’accordo con Hitler: fu Hitler a rompere il patto di non aggressione, lanciando l’Operazione Barbarossa e varcando i confini sovietici. Questo non soltanto non viene mai ricordato. Ma a Mosca è addirittura negato (il solo che collaborò nella ricostruzione storica fu Gorbaciov). L’accusa di nazismo in capo agli ucraini non è solo follia. Ma anche la sfrontatezza di un Putin che oggi riabilita la figura di Stalin, che dei nazisti fu alleato.

I ponti possono essere costruiti bene o male, ma sono destinati a crollare se poggiano su un terreno fangoso. E Putin, che si è rivolto a Prevost auspicando il dialogo, è un distruttore di ponti. Il cinese Xi è diverso, perché alla Cina servono i ponti commerciali (e a noi serve che ci siano). Ma ha visto nella distruttività putiniana un coltello ficcato nel fianco occidentale e ha osservato la sua scommessa vincente sulla Casa Bianca, sicché resterà al fianco del distruttore fin tanto che porterà dolore nelle democrazie.

È vero che dove passano le merci non passano gli eserciti. I commerci sono un ottimo ponteggio che non cancella affatto gli interessi in conflitto, ma esalta quelli in comune. Usare l’ostacolo ai commerci come arma di regolazione dei conti geopolitici, come Trump sta provando a fare, è da distruttori di questi altri ponti. Che finga di felicitarsi per il papa americano lascia il tempo che trova. E, per restare alla nuova guida del Vaticano, perché una pace sia «disarmante» occorre che sia giusta. Il che non pare sia l’obiettivo, né sul fronte ucraino né su quello palestinese.

A noi europei manca la forza militare, ma abbiamo quella economica e quella morale per provare a costruire ponti. Che vanno difesi, non soltanto declamati. Per questo appare di una impareggiabile miseria chi crede che la principale partita sia quella fra governanti europei, presi da prosopopea o stizza. Laddove ciascuno di loro, singolarmente, il ponte non lo costruisce ma neanche lo attraversa.

di Davide Giacalone

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