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Salvini l'alleato

Salvini l’alleato

Salvini l’alleato: la partita che Salvini gioca in Europa è diversa da quella che gioca Tajani con il Ppe e anche da quella che gioca Meloni con i Conservatori
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Salvini l’alleato: la partita che Salvini gioca in Europa è diversa da quella che gioca Tajani con il Ppe e anche da quella che gioca Meloni con i Conservatori
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Salvini l’alleato: la partita che Salvini gioca in Europa è diversa da quella che gioca Tajani con il Ppe e anche da quella che gioca Meloni con i Conservatori
La partita che Matteo Salvini gioca in Europa è diversa da quella che gioca Antonio Tajani con il Ppe e anche da quella che gioca Giorgia Meloni con i Conservatori. L’idea del leader leghista è talmente elementare da essereruspante’: creare una maggioranza che metta insieme al Ppe, ai Liberali e ai Conservatori anche l’estrema destra di Marine Le Pen e i tedeschi di AfD. Per dimostrare la bontà del suo progetto europeo – con soggetti politici antieuropei – Salvini ha usato un paragone: come Berlusconi trent’anni fa sdoganò il Msi e creò il centrodestra italiano, così ora possiamo sdoganare la Le Pen e l’estrema destra e creare il centrodestra europeo sul modello italiano. Cos’è che non quadra? Tutto. La prima cosa che non va è evidentissima: Salvini non è Berlusconi. Il Cavaliere poté fare il Giovanni Battista del centrodestra sia perché la sua Forza Italia volle essere da subito l’erede liberale della Dc, sia perché i tempi, i luoghi e i modi erano diversi dal teatro europeo e mondiale sul quale il ministro delle Infrastrutture si muove come un elefante in un negozio di cristalleria. Ma a essere diversi non sono soltanto ilfederatoree lo scenario ma anche i federati. Infatti, non solo le destre estreme francese e tedesca non sembrano che muoiano dalla voglia di farsi sdoganare, ma soprattutto Tajani Meloni sono interessati a un pasticcio nazionalista in chiave europea-antieuropea. Il presidente di Forza Italia non legherebbe mai il Ppe ai voti di Marine Le Pen e il capo del governo italiano ha dato prova di credere a un sentimento nazionale che non sia in contrasto con l’Europa ma che proprio in Europa trova il suo compimento. La partita di Salvini, dunque, non soltanto è diversa ma è perfino giocata con parole, concetti, ideali che nel passaggio dal piano nazionale a quello europeo o cambiano significato e valore – diventando trasformismo della peggior specie – o non cambiano e, allora, la mettono in fuorigioco. Purtroppo, però, non è una novità. Salvini l’alleato, infatti, non ne ha mai combinata una buona. Si ricorderà che fu proprio lui a mettere da parte il centrodestra italiano, che ora a parole elegge a modello di riferimento, per formare il governo con il M5S e mettere al mondo il peggior esecutivo della storia repubblicana: il Conte I. Si ricorderà ancora che fu lui, dopo il voto europeo, a mollare lo stesso Conte I per provare a correre da solo sulle ali del vento, che andarono a battere contro l’intuito politico dell’altro Matteo (Renzi) che creò quasi per partenogenesi il Conte II. E ancora: la politica estera di Salvini è, per usare un eufemismo, ambigua mentre l’Italia ha bisogno di essere ferma su chiare posizioni atlantiste. Insomma, ce n’è quanto basta per capire che proprio il centrodestra italiano non può incamminarsi sulla strada indicata da Salvini che, peraltro e in modo anche troppo palese, usa la politica europea a fini di politica interna di partito. Ecco perché la posizione realistica di Tajani non è né rinunciataria né eccessivamente prudente ma è proprio realistica perché esprime la consapevolezza che il ‘centro’ liberale, cristiano, atlantista è decisivo per l’esistenza della stessa Europa e del centrodestra italiano. Si tratta di un rapporto inverso rispetto a quello ipotizzato confusamente da Salvini: non è l’Europa che si basa sul centrodestra italiano ma è il centrodestra italiano che si fonda sull’Europa. L’alleato Salvini soffre un po’ troppo la crescita del partito della presidente del Consiglio, ma non recupererà voti spostandosi a destra della destra italiana, che è cosa diversa dai nazionalismi continentali.   di Giancristiano Desiderio

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