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Meloni Salvini

Scontro continuo, le divaricazioni mai sanate

È passata piuttosto inosservata sui media l’ennesima esternazione di Meloni sul terzo mandato per i governatori, fortemente voluto da Salvini e spezzoni vari delle opposizioni

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Scontro continuo, le divaricazioni mai sanate

È passata piuttosto inosservata sui media l’ennesima esternazione di Meloni sul terzo mandato per i governatori, fortemente voluto da Salvini e spezzoni vari delle opposizioni

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Scontro continuo, le divaricazioni mai sanate

È passata piuttosto inosservata sui media l’ennesima esternazione di Meloni sul terzo mandato per i governatori, fortemente voluto da Salvini e spezzoni vari delle opposizioni

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È passata piuttosto inosservata sui media l’ennesima esternazione di Meloni sul terzo mandato per i governatori, fortemente voluto da Salvini e spezzoni vari delle opposizioni

Forse per disattenzione, forse per stanchezza rispetto a un copione che ruota perennemente su sé stesso, è passata piuttosto inosservata sui media l’ennesima esternazione di Giorgia Meloni sul terzo mandato per i governatori, fortemente voluto da Salvini e spezzoni vari delle opposizioni, sul quale «non c’è una maggioranza in Parlamento». Stanchezza e disattenzione perché in effetti è l’ennesima ripetizione di una divaricazione in seno alla coalizione di centrodestra: ci siamo abituati, non fa notizia. Dimenticando che il problema è proprio questo: l’abitudine, la recidività. È cioè diventata normalità quella che in un mondo ideale (ma forse solo normale) dovrebbe essere l’eccezione.

Già, perché una maggioranza è diventata tale per scelta dei cittadini e perciò governa non perché fosse attraversata da mille differenze ma perché quelle differenze potessero e dovessero essere superate secondo l’esercizio più nobile e necessario della politica: fare sintesi. In quasi tutti i casi il nodo non è il merito bensì la capacità di superare gli ostacoli trovando una mediazione, un’intesa, un compromesso (horribile dictu…) che consenta di andare avanti. Invece accade il contrario e tutti fanno spallucce: i protagonisti politici e i media. Anzi i giornali quelle differenziazioni enfatizzano e laddove possono alimentano, convinti che in tal modo si attrae l’attenzione dei lettori e dei cittadini, quando al contrario dosi così massicce di polemiche producono un effetto di assuefazione disgustando lettori e cittadini.

Non basta. Il fatto che le divaricazioni non vengano mai sanate ma il più delle volte maliziosamente e colpevolmente depotenziate in una contorsione di ipocrisia lascia intatti i problemi, i quali hanno la caratteristica di ripresentarsi, quasi sempre peggiorati. A ben vedere stiamo parlando del male oscuro dell’Italia, un virus che pian piano ha infettato non solo il Palazzo ma anche le articolazioni territoriali, producendo un balletto di supposte buone intenzioni e farlocchi messaggi mediatici che negli elettori producono quell’effetto straniante di cui abbiamo appena scritto e che trova eclatante riprova nell’astensionismo ormai strutturale.

Ma perché un tale perverso andazzo? Come mai la sintesi latita e tutto si risolve in un esercizio di wrestling tanto stentoreo quanto disarmante? Tirare in ballo la qualità delle leadership avvicina al nocciolo ma non lo coglie. Più convincente è il fatto che la ‘radicalità’ è diventata la fonte (tossica) a cui tutti si abbeverano, nella convinzione che annichilire l’avversario magari dopo averlo demonizzato ben bene e umiliare l’alleato dopo averne sancito l’ineluttabilità sia la migliore pratica politica e non al contrario l’arsenico che avvelena i pozzi del confronto. Tutte le forze politiche, chi più chi meno, si sono radicalizzate e le estreme sono diventate – ieri con il M5S, oggi con FdI – i protagonisti in campo, gli azionisti principali (o comunque quelli obbligati) dei due schieramenti. Per paradosso anche al centro – cioè nel segmento dove la voglia di dialogo, lo scambio di idee, la collaborazione dopo magari lo scontro dovrebbero essere le stelle polari – succede che si litiga e ci si scomunica vicendevolmente e più i toni sono accesi e le accuse acuminate più ci si convince di aver colto nel segno.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti. La maggioranza cammina su un esteso campo minato dove a ogni passo si rischia l’esplosione, anche se poi il collante del potere disinnesca qualunque spoletta. Nell’opposizione l’unità ricercata e sbandierata è un feticcio sotto al quale si nascondono rivalità e lunghi coltelli, da riporre e tirar fuori a seconda delle convenienze. Nessuno fa sintesi e ognuno va per conto proprio. Che strano Paese.

di Carlo Fusi

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