Solidi confini
La politica estera portata avanti da Giorgia Meloni e dal suo governo di centrodestra rimane atlantista e occidentale, senza tentennamenti
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La politica estera portata avanti da Giorgia Meloni e dal suo governo di centrodestra rimane atlantista e occidentale, senza tentennamenti
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La politica estera portata avanti da Giorgia Meloni e dal suo governo di centrodestra rimane atlantista e occidentale, senza tentennamenti
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La politica estera portata avanti da Giorgia Meloni e dal suo governo di centrodestra rimane atlantista e occidentale, senza tentennamenti
C’è un fantasma che nella storia, a intervalli di tempo diversi, si affaccia talvolta sulla politica americana e sulle sue scelte, che riguardano ovviamente gli Stati Uniti ma pure l’Occidente. Quel fantasma si chiama isolazionismo. Dopo che al Senato i repubblicani hanno bloccato il rifinanziamento degli aiuti all’Ucraina (nonostante l’appello del presidente Joe Biden alla difesa della libertà e al non dover concedere – in nessun modo – al russo Vladimir Putin di conseguire una vittoria contro Kiev perché non si fermerebbe a quella soltanto), chiedendo di inserire la questione dei confini con il Messico e dell’immigrazione fra le priorità da finanziare in nome della sicurezza nazionale, l’isolazionismo torna ad affacciarsi in America. Basterebbe che i repubblicani ricordassero i guasti delle politiche isolazioniste più recenti, a cominciare da quella del democratico Barack Obama in Africa, per rendersi conto dell’errore che stanno compiendo. L’isolazionismo in Africa, sull’onda dell’illusione – totalmente fallace – del vento delle “primavere arabe”, ha infatti condotto non a più democrazia nei Paesi africani bensì al caos di oggi, con diversi Stati attraversati da conflitti e tensioni e con una influenza crescente di Cina e Russia nel Continente nero (strategico, in alcune sue aree, per risorse e geografia). Un disastro che diventa adesso complicato da superare, come ricorda – per citare uno Stato vicino all’Italia – la situazione in Libia.
I repubblicani americani e tutti in Occidente dovrebbero perciò ragionare sull’elemento chiave da cui dipende la sicurezza delle libertà e delle nostre democrazie: i confini non sono geografici ma geopolitici. Questo vuol dire che la frontiera con il Messico, confine geografico che tanto preoccupa i repubblicani per l’afflusso di migranti negli Usa, è di certo meno importante del confine in Est Europa, in caso di una espansione russa. Il che non vuol dire non affrontare il tema immigrazione dal Messico, ma più semplicemente saper declinare le priorità legandole a una visione del mondo odierno.
Se poi dagli Stati Uniti, unico Paese in Occidente che ha davvero il potere di mutare la propria geopolitica (scegliendo appunto fra atlantismo solidale e isolazionismo), passiamo all’Italia, la distinzione fra geografia e geopolitica resta intatta. Con una differenza. Se Washington ha la possibilità di cambiare geopolitica (l’isolazionismo sarebbe di certo un cambiamento ma in peggio), l’Italia e gli altri Stati europei non ce l’hanno a causa della loro collocazione. Come dimostra l’uscita del nostro Paese dalla Via della Seta, la scelta atlantista e occidentale è irreversibile. In proposito è interessante guardare alla politica estera portata avanti da Giorgia Meloni e dal suo governo di centrodestra: atlantista e occidentale, senza tentennamenti. Oggi la presidente del Consiglio è sulle posizioni del democratico Joe Biden rispetto alla situazione in Ucraina e al da farsi, non certo su quelle dei repubblicani o di Donald Trump. Una posizione che è il segno di quanto la realtà della geopolitica sia più forte degli schieramenti destra-sinistra. In politica estera a un Paese come l’Italia – membro del G7 e con un ruolo di peso in Europa – non è infatti consentito il pittoresco quando si governa.
Se prendiamo i rapporti fra Cina e Russia da una parte e Italia e Unione europea dall’altra, vediamo che l’unico Stato in Europa che ne ha ancora di ottimi con Pechino e Mosca è l’Ungheria di Viktor Orbán, un leader di destra con cui sia Giorgia Meloni che Matteo Salvini hanno avuto convergenze (ad esempio su un tema come quello delle politiche da adottare in difesa della famiglia tradizionale) e mantengono buoni rapporti. Basta per esser alleati? No. Non basta. All’Italia una politica estera come quella di Orbán porterebbe solo iatture perché la geografia e i confini geopolitici degli interessi occidentali (e quindi anche italiani) non sono un bagnasciuga. Sono sostanza.
Di Massimiliano Lenzi
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