Velo in Francia: per limitarne la diffusione senza fare discriminazioni, si è laicamente risposto con il divieto di esibire simboli religiosi. Ma così facendo, ci si fa un clamoroso autogol.
Quando si prova ad affrontare un problema particolare facendo appello a grandi princìpi generali, c’è il rischio di ritrovarcisi poi impiccati. O tanati in contraddizione. Velare, in modo più o meno invadente, i capelli femminili ha una radice antropologica nel timore della seduzione, esibita o subìta, ma non ha una valenza religiosa, nel senso che nessuna delle tre fedi monoteistiche, comunemente misogine, ha un abito obbligatorio. Dal che deriva che il velo sulla testa non è un simbolo islamico, così come quello sulla testa delle suore non è cristiano. Sono due costumi.
Fatto è che a far ricomparire quel velo è stato – oggi, da noi – il mondo islamico. Quello delle suore neanche lo vediamo più, tanto lo consideriamo ‘normale’. In Francia si sono chiesti: come si fa a limitarne la diffusione, senza fare discriminazione? E hanno laicamente risposto: proibendo l’esibizione dei simboli religiosi. Autogol.
- Primo: perché non è un simbolo religioso ma così lo fai diventare un simbolo politico per chi lo usa e per chi lo avversa, il che porta male.
- Secondo: perché non si vede che male faccia chi esibisce un simbolo, una catenina con attaccato un crocifisso o una stella di David.
- Terzo: perché o proibisci le suore o fai l’eccezione perché sono suore, così torni alla discriminazione.
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Tag: religione
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