Diplomificio Italia e come scardinarlo
Per togliere il diplomificio – è questo il concetto e la pratica che riassume tutto – basta togliere il valore legale dei pezzi di carta

Diplomificio Italia e come scardinarlo
Per togliere il diplomificio – è questo il concetto e la pratica che riassume tutto – basta togliere il valore legale dei pezzi di carta
Diplomificio Italia e come scardinarlo
Per togliere il diplomificio – è questo il concetto e la pratica che riassume tutto – basta togliere il valore legale dei pezzi di carta
Parliamo un po’ di noi. Tutta l’Italia della scuola, dell’università, del pubblico impiego è un gigantesco diplomificio. Ciò che conta non sono lo studio e la preparazione. Ma il certificato e il credito con cui si ottengono dei titoli legali. Da spendere nella scuola, nell’università, nel pubblico impiego e nelle professioni, scendendo progressivamente (a ogni giro di giostra) i gradini del merito e della competenza. È come se fosse – lo è – un enorme castello di carta che va giù con un soffio o sfilandone una. Quale? Quella che determina il valore legale dei titoli di studio. Ma qui giunti – si fa per dire, in realtà né la politica né la cultura vi giungono – gli italiani si ritraggono. Perché, abituati come sono a concepire la scuola sulla base del pezzo di carta, se non vedono il certificato credono che non ci sia la scuola. Il mondo sottosopra.
Sabino Cassese – forse il maggior conoscitore della macchina amministrativa italiana – l’altro giorno in un articolo sul “Corriere della Sera” ha individuato i quattro campi in cui i criteri di selezione sono ormai così bassi che alle future generazioni non resta altro da fare che espatriare. Scuola, università, personale docente e impiego, ai quali corrispondono diplomifici, lauree facili, assunzioni di precari e carriera burocratica. Il professor Cassese ha descritto nella sostanza un cane che si morde la coda.
Fatta la diagnosi e appurato che il sistema amministrativo non è in grado di correggersi e non pratica nemmeno più i concorsi per assumere su una buona base selettiva, Cassese non imbocca però l’unica strada che è rimasta da percorrere. La svalutazione o abolizione del valore legale dei titoli di studio. L’esistenza dei diplomifici, delle università telematiche, del precariato, delle carriere a punti e anche lo svilimento delle competenze professionali non è infatti un’invenzione dei furbi e un cattivo funzionamento del sistema. Ma è la sua regolare e legale applicazione.
Per togliere il diplomificio – è questo il concetto e la pratica che riassume tutto – basta togliere il valore legale dei pezzi di carta. Ma – ecco! – già si odono le grida: «Guai a chi tocca la scuola pubblica!». Sciocchezze. È proprio l’opposto. Togliere alla carta il valore legale significa ridare valore alla scuola, all’università, ai professori, all’amministrazione, alle professioni, al lavoro. Perché si esce sia fisicamente sia mentalmente dal castello di carta in cui è stata rinchiusa l’Italia.
Infatti, togliere allo Stato la finta bacchetta magica con cui ha la pretesa di trasformare le zucche in carrozze e i ranocchi in principi azzurri non significa che non ci sono più scuole pubbliche. Perché lo Stato continuerebbe a gestire la scuola. L’unica differenza – indice di serietà e moralità – consiste nel fatto che il diploma non ha valore pratico ma culturale. E dunque, come per miracolo, la scuola e l’università ritornano a essere libere: la scuola è scuola e l’università è università. Non solo.
Lo Stato recupera subito il suo ruolo nell’assunzione del personale perché per accedere al pubblico impiego diventano necessari i concorsi con esami extra-scolastici, dal momento che la carta non ha più un uso pratico. È tutto un mondo che esce dalle illusioni, dagli alibi, dalle pretese, dagli abusi, dagli inganni e dall’autoinganno e tocca di nuovo terra, dove ciò che conta realmente è prima di tutto il lavoro e la sua santa cultura. I giovani – soprattutto i giovani – hanno tutto da guadagnare e nulla da perdere uscendo dal vizioso castello di carta in cui è imprigionato il loro futuro.
di Giancristiano Desiderio
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche

Cosa resterà di un Papa fuoriserie?

Scrittura minuscola, abitudine che si diffonde fra i più giovani

Adulti eterni adolescenti
