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Gli Hikikomori italiani, ostaggi di genitori troppo ansiosi

Cresce in Italia il numero degli Hikikomori, i ragazzi che vivono barricati in casa senza mai uscire. La ragione sta anche nelle scelte fatte dai genitori a causa del Covid. A loro è dedicata la nuova serie tv “La mia vita in una stanza”.
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Gli Hikikomori italiani, ostaggi di genitori troppo ansiosi

Cresce in Italia il numero degli Hikikomori, i ragazzi che vivono barricati in casa senza mai uscire. La ragione sta anche nelle scelte fatte dai genitori a causa del Covid. A loro è dedicata la nuova serie tv “La mia vita in una stanza”.
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Gli Hikikomori italiani, ostaggi di genitori troppo ansiosi

Cresce in Italia il numero degli Hikikomori, i ragazzi che vivono barricati in casa senza mai uscire. La ragione sta anche nelle scelte fatte dai genitori a causa del Covid. A loro è dedicata la nuova serie tv “La mia vita in una stanza”.
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Cresce in Italia il numero degli Hikikomori, i ragazzi che vivono barricati in casa senza mai uscire. La ragione sta anche nelle scelte fatte dai genitori a causa del Covid. A loro è dedicata la nuova serie tv “La mia vita in una stanza”.
In molti da ragazzini avranno chiuso la porta della propria camera urlando di odiare tutti e di non voler più vedere nessuno, per poi lasciar scorrere solo poche ore prima di uscire e tornare alla vita reale. I cosiddetti Hikikomori (parola giapponese che significa “stare in disparte”), invece, da quella casa non escono più, non prima di aver affrontato diversi mesi di recupero. Il fenomeno arrivato ormai anni fa dal Giappone, non risparmia l’Italia con più di 100mila giovani dai 14 ai 30 anni, principalmente maschi (tra il 70% e il 90%), che tendono ad autoimporsi una sorta di isolamento sociale, non trovando più nel mondo esterno un valido alleato per continuare il proprio percorso. Questo purtroppo avviene per lunghissimi periodi che vanno da alcuni mesi fino a diversi anni dove la propria abitazione diventa praticamente una prigione, evitando qualsiasi tipo di contatto diretto con il mondo esterno, spesso evitando anche i genitori. Un fenomeno pericoloso che ha visto un aggravamento in questo periodo complicato dove moltissimi adolescenti hanno perso fiducia in sé stessi e nelle istituzioni, ma che può essere delegato anche a un trend sempre più presente: l’homeschooling. Molti genitori hanno scelto di ritirare i propri figli da scuola, un po’ per l’ansia crescente da parte di alcuni in merito ai contagi, un po’ per le regole vaccinali restrittive, che i genitori no-vax ritengono penalizzanti in troppi aspetti, anche solo non potendo usufruire dei mezzi di trasporto per accompagnare i propri figli. Che sia una forma di paura o di protesta contro il governo, sono in molti a fornire ai ragazzi un’educazione in casa che prevede il genitore stesso come insegnante oppure, nel migliore dei casi, un insegnante privato. Un trend in crescita negli ultimi anni che ha solamente accelerato a causa della pandemia passando da circa 5 mila a oltre 15 mila studenti nell’arco di tre anni, dal 2019 al 2021. Questo dunque porterebbe ad isolare ancora di più i ragazzi che proprio nel periodo scolastico hanno la possibilità di implementare le proprie doti sociali. Diversi sono i tentativi di sensibilizzazione, ma ciò che ha saputo sollevare la tematica di recente, stimolando domande e necessità di approfondimento, è il documentario Sky Original, “La mia vita in una stanza“ disponibile da sabato 29 gennaio su Sky Documentaries, e in streaming su NOW. Attraverso le storie di 4 ragazzi poco più che ventenni, ci viene offerta una finestra sulle loro vite piene di paura ma anche di speranze, mostrandoci la difficoltà dei rapporti con le famiglie e dei loro coraggiosi tentativi di venirne fuori. Vite incastrate nel buio delle loro stanze ma desiderose di esprimersi. Un altro ruolo importante nella battaglia al fenomeno lo detiene l’associazione nazionale “Hikikomori Italia, che da anni si occupa di sensibilizzazione, supporto e formazione sul tema dell’isolamento sociale volontario giovanile grazie al fondatore Marco Crepaldi. In un’epoca in cui la distanza e l’isolamento sembrano l’unica soluzione per combattere, bisognerebbe fare di tutto per tornare alla cooperazione e per mostrare un po’ di futuro ai giovani, i più trascurati in questo momento di caos e quelli che purtroppo pagano e pagheranno le conseguenze più grandi. di Elena Bellanova

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