Le migliori università al mondo, luci e ombre italiane
Nella classifica mondiale delle università e delle singole facoltà considerate le migliori a livello globale non ci sono clamorose novità
Le migliori università al mondo, luci e ombre italiane
Nella classifica mondiale delle università e delle singole facoltà considerate le migliori a livello globale non ci sono clamorose novità
Le migliori università al mondo, luci e ombre italiane
Nella classifica mondiale delle università e delle singole facoltà considerate le migliori a livello globale non ci sono clamorose novità
Nella classifica mondiale delle università e delle singole facoltà considerate le migliori a livello globale non ci sono clamorose novità
Nella classifica mondiale delle università e delle singole facoltà considerate le migliori a livello globale non ci sono clamorose novità. Variazioni interessanti sì, ma i concetti di fondo non mutano. Subito un’occhiata alle italiane: secondo il “QS rankings by subject 2024” pubblicato ieri, considerando i singoli corsi di studio piazziamo 8 facoltà nelle prime 100 al mondo e nell’Unione europea solo l’Olanda riesce a fare meglio di noi con 13.
Battiamo, insomma, Francia e Germania anche se a livello globale nessuna delle nostre università entra nelle prime 100 della classifica guidata da Harvard. Questa, come si accennava, è una delle cose che purtroppo non cambiano e devono far riflettere sulla capacità di attrazione dell’intero nostro Paese dei migliori cervelli mondiali. Una gara che l’Italia ha deciso di ignorare ed è invece decisiva: l’immigrazione qualificata può fare un’enorme differenza in tanti settori e significa ricchezza.
Tornando alle note positive, La Sapienza di Roma si conferma per il quarto anno consecutivo al primo posto al mondo negli Studi classici, battendo Oxford e Cambridge. La Normale di Pisa perde una posizione ma è comunque quinta in materie classiche. Il Politecnico di Milano è settimo sia in Architettura guadagnando tre posizioni, che in Arte e Design, due posizioni più su e nono in Ingegneria meccanica e aeronautica, anche se in questo caso perde due posizioni. La Bocconi è settima in Marketing e nona in Economia gestionale perdendone due e si conferma 16esima in Economia ed econometria e 17esima in Contabilità e finanza.
Sono risultati di assoluto prestigio e un bel numero di altre facoltà italiane raggiungono risultati ragguardevoli. Come vedete, sono università sia pubbliche che private, a conferma che il tema non è questo, ma la capacità di sapersi affermare come polo d’attrazione a livello globale ed essere in grado di costruire una forte e vasta rete di finanziatori e aziende partner. L’unico modo per svolgere la propria attività “giocando in Serie A“, livello impensabile con le sole risorse pubbliche.
Prima la smetteremo di considerare una bestemmia lo stretto rapporto fra gli istituti di studio e formazione e il mondo del lavoro e prima butteremo giù uno dei totem più stupidi che ci portiamo indietro: quello che vorrebbe il mondo del lavoro da tenere alla larga, per la ridicola paura che possa indirizzare gli atenei e soprattutto “sfruttare“ gli studenti. Una mentalità cattocomunista che ha spesso rallentato e a volte rovinato il concetto stesso di formazione in Italia, legandolo a una dimensione prettamente accademica.
Una follia che ha la sua eco nell’atteggiamento di non pochi professori con la puzza sotto al naso quando si tratta di “sporcarsi le mani” con l’impresa e il lavoro. Cioè quello che dovrebbe essere il fine ultimo dell’intera attività universitaria.
di Fulvio Giuliani
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