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Pacifisti immaginari sfilano per sfilarsi

Una contrapposizione si ripropone spesso quando il mondo entra in conflitto: quella tra pacifisti e guerrafondai.
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«Fate l’amore, non la guerra», «Mettete dei fiori nei vostri cannoni». Se i nostri padri avessero dato seguito a queste perorazioni, parleremmo tedesco, lingua comunque affascinante: utilizzata da Wolfgang Goethe, Friedrich Nietzsche e Thomas Mann (solo per citare tre giganti della cultura occidentale sui quali stiamo comodamente assisi) ma pure da Joseph Goebbels e camerati. E la guerra civile, perché tale fu la Resistenza, come si sarebbe risolta? Risposta scontata.

Una contrapposizione si ripropone spesso quando il mondo entra in conflitto: quella tra pacifisti e guerrafondai. L’un contro gli altri armati di vuote parole, inutili richiami retorici, illusorie e spesso ipocrite perorazioni. Molti fanno i pacifisti nel caldo dei propri giacigli; molti di più vorrebbero invece vivere in pace ma sono costretti a subire i bombardamenti, il clangore dei carri armati lungo strade ormai rese fangose dall’inverno, i missili e droni kamikaze prodotti da quei sant’uomini che tiranneggiano l’Iran. Certi pacifisti nostrani invocano tavoli negoziali, nascondendo in modo un po’ vigliacco il loro vero desiderio: la resa degli ucraini. I quali, testardi, non hanno alcuna intenzione di cedere e di farsi sottomettere dallo zar Putin. Stare dalla loro parte non vuol dire essere guerrafondai. Vuol dire desiderare per quel popolo una pace che è anche la nostra.

In Italia vedremo a breve in Parlamento chi sta con chi e contro chi. Si voterà un’altra volta per l’invio di armi e aiuti al popolo ucraino. Non invieremo fiori da mettere nei loro cannoni per farsi massacrare. Sono curioso di sapere quale sarà il comportamento di Giuseppe Conte, lo stesso leader che quand’era al governo con Draghi non batté ciglio e votò a favore. Dell’altro leader dell’opposizione, Enrico Letta, sappiamo. Votò a favore e continuerà a farlo, terminerebbe altrimenti come un inutile idiota la sua esperienza di segretario del Partito democratico.

Tutti vorremmo che la guerra finisse, a volte anche per ragioni più legate al nostro egoistico desiderio di quieto vivere. Ma a quel tavolo negoziale ci si deve sedere in due. Anche l’amore si fa in due, a meno di accontentarci della masturbazione parolaia. Noi, coi nostri distintivi, chiacchieriamo. In fondo siamo solo chiacchiere e distintivo. Intanto gli ucraini muoiono oppure vivono costretti in cantine fredde e buie, aspettando l’alba di un nuovo giorno e nemmeno sapendo che esistono i cosiddetti pacifisti a senso unico.

Di Andrea Pamparana

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