Prato della Valle, dove nascono speranze: una su 78 ce la fa
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La grande piazza di Prato della Valle a Padova potrebbe presto sfoggiare una nuova statua. Per di più donna, la prima dopo 78 uomini. Il caso ha già sollevato delle polemiche, come accaduto poco tempo fa per “La Spigolatrice”, giudicata troppo formosa.

Prato della Valle, dove nascono speranze: una su 78 ce la fa
La grande piazza di Prato della Valle a Padova potrebbe presto sfoggiare una nuova statua. Per di più donna, la prima dopo 78 uomini. Il caso ha già sollevato delle polemiche, come accaduto poco tempo fa per “La Spigolatrice”, giudicata troppo formosa.
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Prato della Valle, dove nascono speranze: una su 78 ce la fa
La grande piazza di Prato della Valle a Padova potrebbe presto sfoggiare una nuova statua. Per di più donna, la prima dopo 78 uomini. Il caso ha già sollevato delle polemiche, come accaduto poco tempo fa per “La Spigolatrice”, giudicata troppo formosa.
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Lo scorso 27 dicembre due consiglieri comunali di Padova, Margherita Colonnello e Simone Pillitteri hanno avanzato una mozione per aggiungere una nuova statua alla prestigiosa piazza Prato della Valle, pantheon delle glorie che per diverse ragioni hanno a che fare con la grande città di Padova. Si tratta della statua di Elena Lucrezia Corner, una tra le prime donne al mondo ad ottenere una laurea. Per la Corner sarebbe un altro primato importante: quello di essere la prima donna a essere raffigurata per intero in quella che è una delle piazze più grandi d’Europa, dove al momento le donne sono praticamente assenti, eccezion fatta per un mezzo busto della poetessa Gaspara Stampa, collocato ai piedi dell’opera dedicata ad Andrea Briosco (scultore della corrente classica in Italia tra fine ‘400 e inizio ‘500).
Inserire una nuova statua tutta al femminile non riequilibrerebbe la situazione dato che le figure maschili sono 78 ma sarebbe comunque un omaggio ai principi della parità di genere e, perché no, anche un riscatto della stessa Elena Lucrezia Corner a cui, pur essendo laureata, non fu mai concessa la possibilità di insegnare in quanto donna; una delle ragioni per cui, ottenuta la laurea nel 1632 all’età di 32 anni, non riuscì mai a essere un vero modello da seguire per le altre donne .
Qualche dubbio sull’aggiunta a posteriori di questa statua è già stato espresso dal docente di storia contemporanea all’Università di Padova, Carlo Fumian, secondo il quale “fare la storia con la toponomastica, spostando monumenti come fossero Lego, è un gioco pericoloso”.
Quando si tratta di donne e di statue pare esserci sempre una polemica di troppo. Anche la loro raffigurazione può rappresentare un problema. Si pensi alla bufera social scoppiata solo qualche mese fa dopo l’inaugurazione della statua della Spigolatrice di Sarpi, opera dello scultore Emanuele Stifano, considerata “troppo formosa e uno schiaffo sessista”.
Una cosa è certa, questi oggetti riflettono i grandi temi di oggi: la parità di genere, riguardi essa il sesso o l’etnia. Ancora fatichiamo a trovare il modo migliore di dibatterne, senza ledere la dignità di nessuna minoranza. E in questo quadro si inserisce il fenomeno della cancel culture, che specialmente negli Stati Uniti spinge per la rimozione di statue che celebrano il periodo colonialista e razzista. Come accaduto proprio di recente nello stato della Virginia, dove il governatore uscente Ralph Northam e il sindaco Levar Stoney hanno proposto di far spostare la statua del generale Robert Lee dalla maestosa Monument Avenue al Black History Museum and Cultural Centers.
Quanto deciso in Virginia qualche giorno fa potrebbe essere la strada da intraprendere: non quella di distruggere certi monumenti ma di collocarli nel posto “giusto”. Non ci resta che attendere gli sviluppi delle vicende, sperando di non restarci di sale.
di Claudia Burgio
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