Verona, vino servito da una “donna tavolino”
Verona, polemiche per la “donna tavolino”. Durante la cena di gala per i 75 anni del Consorzio Zai, si notano alcune ragazze che indossano un costume a forma di tavolino
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Verona, vino servito da una “donna tavolino”
Verona, polemiche per la “donna tavolino”. Durante la cena di gala per i 75 anni del Consorzio Zai, si notano alcune ragazze che indossano un costume a forma di tavolino
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Verona, vino servito da una “donna tavolino”
Verona, polemiche per la “donna tavolino”. Durante la cena di gala per i 75 anni del Consorzio Zai, si notano alcune ragazze che indossano un costume a forma di tavolino
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Verona, polemiche per la “donna tavolino”. Durante la cena di gala per i 75 anni del Consorzio Zai, si notano alcune ragazze che indossano un costume a forma di tavolino
Verona. Durante la cena di gala per i 75 anni del Consorzio Zai, in una serata che sarebbe dovuta essere elegante e festosa, tra gli invitati si notano una sorta di “uomo farfalla” con ali punteggiate di luci, trampoliste con abiti bianchi, un ragazzo vestito con piccole tessere metalliche e altre persone mascherate.
Ma ad attirare l’attenzione sono soprattutto alcune ragazze che indossano un costume a forma di tavolino sopra il quale poggiano alcuni bicchieri di champagne da portare in giro, per offrirli agli invitati.
Ci risiamo. Dopo quanto accaduto ad agosto in Gallura quando in un hotel, sopra il tavolo dove era presente un buffet di dolci a bordo piscina, si vedeva sdraiata una ragazza in costume da bagno “al cioccolato”, ecco ora – così la potremmo definire – la “donna tavolino”.
Neanche a dirlo, come prevedibile, la “donna tavolino” ha fatto indignare molte persone. In particolare Barbara Bissoli, vicesindaca di Verona e assessore alla Parità di Genere, che ha scritto una lettera al presidente del Consorzio Zai Matteo Gasparato: “In occasione dell’evento d’intrattenimento sono state esibite alcune ragazze con una mise che fungeva da tavolino, sulla quale gli ospiti della serata appoggiavano i loro calici”.
Bissoli definisce l’accaduto “un’oggettivazione della donna che va ad alimentare una cultura misogina e patriarcale che, con grande impegno, stiamo cercando di eliminare”.
Inoltre, aggiunge: “Una scena irrispettosa alla quale ci auguriamo di non dover mai più assistere, in questa forma o in altre, ed è nostra intenzione istituire un codice di condotta per gli enti collegati al Comune di Verona, nella direzione di tutelare la dignità di tutte e tutti. Nonché di promuovere la cultura del rispetto e la parità di genere in tutte le sue sfaccettature, soprattutto laddove è messa a rischio da atteggiamenti e scelte inadeguate”.
“Non mi sono sentita oggettificata, né mercificata e neppure sfruttata – le parole di Michelle, studentessa di 21 anni, una delle “donne-tavolino” presenti alla cena, intervistata da la Repubblica – Ho solo espresso la mia arte, in quel contesto. Insomma, ho lavorato normalmente, come faccio sempre. Altrimenti mi sarei rifiutata. Credo che non ci sia nulla per cui indignarsi, i problemi sulla mercificazione sono altri”.
“Sono consapevole di quello che faccio e non mi sento sfruttata. Non serve che altri si indignino al posto mio. C’era anche un ragazzo in queste performance: era vestito come una sorta di pavone. Di lui non è stato detto niente, perché è uomo. E questa non è discriminazione?”, aggiunge la studentessa.
“Ho guadagnato 150 euro in un’ora – dichiara Michelle – sicuramente molto più di una cameriera. È una cifra elevata per ciò che si fa poi nel concreto. C’è molto lavoro di preparazione ma poi il turno è semplice e poco faticoso”.
Cena elegante o donne usate – ancora una volta – come oggetti? Tantissime le polemiche in queste ore, in particolare sui social network: da chi pensa che le ragazze siano state usate come oggetti e ridicolizzate, a chi invece sostiene che avrebbero potuto benissimo dire di “no” e che quindi, accettando, sapevano a cosa sarebbero potute andare incontro.
Commenti social già visti e rivisti, che si ripetono dopo ogni (triste) episodio di questo tipo. Di una cosa però c’è la certezza: già solo l’idea della cosiddetta “donna tavolino”, si sarebbe potuta certamente evitare.
di Filippo Messina
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