Sanremo ’93 e l’”agguato” a Pippo Baudo
Quando alcuni componenti del Partito radicale organizzarono un “agguato” a Sanremo, bussando alla porta di Pippo Baudo
Sanremo ’93 e l’”agguato” a Pippo Baudo
Quando alcuni componenti del Partito radicale organizzarono un “agguato” a Sanremo, bussando alla porta di Pippo Baudo
Sanremo ’93 e l’”agguato” a Pippo Baudo
Quando alcuni componenti del Partito radicale organizzarono un “agguato” a Sanremo, bussando alla porta di Pippo Baudo
Quando alcuni componenti del Partito radicale organizzarono un “agguato” a Sanremo, bussando alla porta di Pippo Baudo
All’inizio del 1993 il congresso del Partito radicale approva una mozione che fissa entro il 28 febbraio la soglia minima di 30mila iscritti, pena il suo scioglimento. Abbiamo meno di un mese per farcela, in un Paese stremato da Tangentopoli e che di partiti non vuole più saperne. Più che una mozione, un nodo scorsoio. In quegli anni sono consigliere regionale della Liguria e mi scateno, senza guardare in faccia a nessuno. Iscrivo e intasco assegni e contanti da politici di ogni risma e colore, da professionisti affermati (compreso quello spilorcio di Victor Uckmar), dai presidenti di Genoa e Sampdoria Aldo Spinelli e Riccardo Garrone («Senta, ma la ricevuta me la deve proprio fare?» «Ehm, mi sa che questa volta le tocca»). Dopo pochi giorni mi telefona René Andreani: fratello radicale, già manager di Rocky Roberts e protagonista alla batteria di alcune jazz session con un certo Lucio Dalla, dirigente d’azienda che per seguire Pannella ha mollato l’aereo personale e gettato via grisaglia e stipendione, organizzatore di tutte le nostre campagne referendarie, venditore formidabile, all’occorrenza deputato. La sua vocina stentorea non ammette repliche: «Molla tutto, missione speciale. Fatti trovare domattina a Sanremo».
Il Festival della canzone ha appena aperto i battenti e noi ci immergiamo in un’atmosfera surreale, costellata di ragazzotti coi primi cellulari in mano e tutti con la coda di cavallo simil Fiorello. Guardiani arcigni bloccano l’ingresso del Teatro Ariston. Che si fa? Semplice, fabbrichiamo due finti accrediti stampa per conto di “Radio Radicale” (validi solo per le prove) e iniziamo ad arare il terreno. Dopo poche ore gli addetti alla sorveglianza alzano le mani in segno di resa: «Fate quel che vi pare, ci siamo stufati di corrervi dietro». Iniziano così quattro giorni di caccia grossa, interrotti soltanto da una manciata di ore di sonno. Poco alla volta il nostro carniere si riempie di prede pregiate: Marta Marzotto (che da quel momento esibisce orgogliosa al petto una grossa spilla che le abbiamo confezionato in fretta e furia a forma di cuore con dentro il numero del centralino del partito), il capo struttura della Rai Mario Maffucci, Alba Parietti, Tullio De Piscopo, Cristiano De André, Jo Squillo, un esordiente Biagio Antonacci («Tenete, sono gli ultimi soldi. La produzione mi ha pagato solo l’albergo e se stavolta non sfondo mollo tutto»), Renato Zero, Maurizio Vandelli, il futuro vincitore Enrico Ruggeri e non mi ricordo più chi altri. Solo Lorella Cuccarini rifiuterà l’obolo («Eh, ‘sta storia dell’aborto non mi va giù»). I pochi che ci sfuggono all’Ariston li becchiamo in albergo a notte fonda. Come Claudio Cecchetto, col quale cazzeggio fino all’alba («Tra qualche mese lancio una canzone degli 883. Si chiamerà “Sei un mito”, vedrai che botto»).
Manca ancora un nome, il più importante: quello di Pippo Baudo. Democristianone, avversario storico di Pannella, uno dei nostri più accaniti e longevi censori. Facciamo scattare la trappola alle tre del mattino, bussando spavaldi alla porta della sua camera d’albergo (inaccessibile per tutti ma non per due pazzi ormai in trance agonistica). «Chi è?» «Partito radicale, apra subito!» Lo sventurato risponde. «Vi stavo aspettando» mormora sconsolato. In camera tira fuori il libretto degli assegni e ne stacca uno con la cifra di 3 milioni. Preso dalla sindrome di Stoccolma ha pure il coraggio di dire: «Ma lo sapete che Pannella l’ho sempre ammirato? Ce ne fossero in Italia altri come lui…». Con René ci guardiamo sforzandoci di non ridere. Poi via, di corsa verso l’ascensore. Al piano terra troviamo la troupe di “Striscia la Notizia” in preallarme, col Gabibbo che fa festa all’assegno e poco distante Antonio Ricci che spara beffardo: «Conoscendo Pippo, mi sa che è cabrio…». Noi ci godiamo il trionfo e stremati andiamo a dormire.
La mattina del 28 febbraio ci alziamo intontiti ma salvi: a conti fatti, scopriremo che al Pr si sono iscritte circa 40mila persone. In tutta Italia quella della tessera radicale è infatti diventata quasi una moda, che una volta tanto rotola ovunque come una valanga libertaria e liberatrice. Un vero mistero. E forse non è un caso se proprio “Mistero” è la canzone che ha appena vinto il Festival.
Di Vittorio Pezzuto
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