In Russia tornano i manicomi repressivi
Dall’inizio della guerra la Russia ha messo in pratica il trattamento sanitario obbligatorio nei confronti di chi critica le autorità
In Russia tornano i manicomi repressivi
Dall’inizio della guerra la Russia ha messo in pratica il trattamento sanitario obbligatorio nei confronti di chi critica le autorità
In Russia tornano i manicomi repressivi
Dall’inizio della guerra la Russia ha messo in pratica il trattamento sanitario obbligatorio nei confronti di chi critica le autorità
Dall’inizio della guerra la Russia ha messo in pratica il trattamento sanitario obbligatorio nei confronti di chi critica le autorità
Kyiv – Le autorità russe stanno resuscitando un’altra sinistra pratica sovietica: la psichiatria punitiva. Dall’inizio della guerra il trattamento sanitario obbligatorio è già stato utilizzato innumerevoli volte come provvedimento disciplinare nei confronti di chi ha criticato le autorità, l’esercito e la cosiddetta “Operazione militare speciale”.
Lo scorso 16 marzo un residente del distretto di Zubtsovsky (regione di Tver) è stato dichiarato pazzo per aver espresso sostegno alla parte ucraina e criticato la leadership russa. Reo d’aver manifestato in streaming su YouTube l’intenzione di arruolarsi nelle milizie ucraine, il “sig. K” è stato sottoposto a perizia psichiatrica forense. Esaminate le prove presentate e tenuto conto del parere della “commissione tecnica”, il Tribunale distrettuale di Zubtsovsky è giunto alla conclusione che «l’imputato abbia commesso tali atti illeciti in uno stato di follia». Liberandolo dalle responsabilità penali a causa della sua malattia mentale, il giudice ha ritenuto che il “sig. K” avesse bisogno di misure coercitive di natura medica, vale a dire cure ospedaliere e osservazione in un reparto psichiatrico.
Detenuta a San Pietroburgo da aprile a luglio del 2022 per aver denunciato lo sterminio dei civili ucraini a Mariupol, anche la giornalista russa Maria Ponomarenko è stata trasferita in un nosocomio psichiatrico. Tuttora confinata presso l’Altaj Clinical Psychological Hospital (nel Sud della Siberia), la reporter di “RusNews” ha fatto sapere tramite i propri legali d’esser stata gettata a terra dagli inservienti, quindi legata e percossa ripetutamente alla testa, all’addome e alla schiena.
L’attivista per i diritti umani Aleksey Pryanishnikov denuncia sui social media la persecuzione patita da Irina, rifugiata ucraina sottoposta a psichiatria punitiva da quasi un anno per essersi rifiutata di ottenere la cittadinanza russa. Confinata da maggio ad agosto nell’ospedale psichiatrico di Belgorod, è stata trasferita in quello di Engels (Saratov), dove i medici l’hanno imbottita di aloperidolo (un neurolettico usato in epoca sovietica nel trattamento della schizofrenia). Grazie al supporto di un avvocato di Saratov, Pryanishnikov è riuscito a ottenere la liberazione di Irina, che dopo 10 mesi di separazione forzata si trova ora a Kharkiv con il figlio.
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Intanto la Procura di Stato russa intende aprire al Ministero dell’Interno l’accesso alle informazioni cliniche di coloro che sono registrati in cura presso uno psichiatra. «Se alla polizia sarà consentito l’accesso al segreto medico, la psichiatria si trasformerà in psichiatria punitiva» avverte Pryanishnikov, che rappresenta gli interessi di molti altri prigionieri politici sottoposti a Tso. Fra questi il famoso dissidente Aleksandr Gabyshev, che nel 2019 percorse quasi 2mila chilometri a piedi dalla Siberia a Mosca incitando le persone lungo il percorso a protestare contro il regime putiniano. Gabyshev è tuttora confinato a tempo indeterminato presso un nosocomio psichiatrico. Irina Rebrina, vicecapo della Procura russa, conferma che quest’ultima è favorevole al controllo della polizia sui malati di mente: «Non stiamo parlando d’interferire nel processo di cura di queste persone ma di occuparsi di loro tramite organismi speciali, autorizzati a ottenere informazioni da vicini e parenti stretti su come vivono e cosa pensano, in modo da renderli innocui».
Di Giorgio Provinciali
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