Il Calcio Catania è fallito ma non morto
Dopo 75 anni di storia è fallito il Calcio Catania. Il rapido declino di una società che ha vissuto momenti straordinari, anche in serie A, e che è stata schiacciata dalla malagestione. Un destino comune a molte altre squadre.
| Cronaca
Il Calcio Catania è fallito ma non morto
Dopo 75 anni di storia è fallito il Calcio Catania. Il rapido declino di una società che ha vissuto momenti straordinari, anche in serie A, e che è stata schiacciata dalla malagestione. Un destino comune a molte altre squadre.
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Il Calcio Catania è fallito ma non morto
Dopo 75 anni di storia è fallito il Calcio Catania. Il rapido declino di una società che ha vissuto momenti straordinari, anche in serie A, e che è stata schiacciata dalla malagestione. Un destino comune a molte altre squadre.
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Dopo 75 anni di storia è fallito il Calcio Catania. Il rapido declino di una società che ha vissuto momenti straordinari, anche in serie A, e che è stata schiacciata dalla malagestione. Un destino comune a molte altre squadre.
È ufficiale: il Calcio Catania SpA è fallito, questa la decisione della Sezione fallimentare del Tribunale cittadino. Decisivo “lo stato di insolvenza del club”. La Sezione ha autorizzato l’esercizio provvisorio dell’azienda permettendole di poter proseguire il campionato di Serie C; sempre per provare a portare a termine la stagione in corso sono stati nominati tre curatori per trovare i fondi necessari.
Troppi debiti, troppi stipendi non pagati o pagati con netto ritardo, troppe incongruenze e disattenzioni, troppi errori e calcoli totalmente sbagliati: tutto troppo.
Il declino della cosiddetta “Matricola 11700”, la Matricola Federale del club dopo la fusione tra Unione Sportiva Catanese Elefante e Virtus Catania, è scritto.
E pensare che solamente la scorsa estate i catanesi sognavano ad occhi aperti: Joe Tacopina, noto avvocato e dirigente sportivo italo-americano, insieme ad un gruppo di investitori, era ad un passo dall’acquisto del club. Dopo anni complicati, la svolta sembrava finalmente vicina. Tacopina (che vive negli USA) a volte era anche presente sugli spalti del Massimino, lo stadio del Catania.
“Voglio portare il Catania in alto, sono convinto che questa sarà l’esperienza più intensa della mia vita calcistica in Italia. C’è grande entusiasmo, i tifosi mi hanno sempre manifestato affetto e non vedo l’ora di portare in Serie A il Catania”, aveva commentato l’avvocato newyorkese a margine dell’accordo preliminare per l’acquisto del club.
Ma dal grande sogno si è passati, purtroppo, alla grande delusione.
Le (false) promesse, i mancati accordi con la Sigi (la società proprietaria del pacchetto azionario del Calcio Catania SpA) e le numerose divergenze, nel giugno del 2021, hanno fatto saltare anche questa importante trattativa. Tacopina (ora Presidente della SPAL, squadra della città di Ferrara) rinuncia così a comprare il Calcio Catania SpA rivolgendo parole al veleno alla Sigi che nel frattempo aveva anche chiesto, tramite comunicato, ai tifosi di versare soldi per salvare la squadra.
Ma il declino era cominciato già molto prima, quando nel 2014 il Catania si trovava da un anno in Serie B. Con l’operazione denominata “I treni del gol”, Antonino Pulvirenti, ex patron del Calcio Catania, Pablo Cosentino – uomo d’affari che faceva parte della società – e altre persone vengono arrestate con l’accusa di aver truccato alcune partite per non far retrocedere il Catania in Lega Pro, dove finirà comunque poco più tardi a seguito di questa inchiesta.
Eppure il Catania è solo l’ultima di una (troppo) lunga lista di club che non ce l’hanno fatta. Una sorte toccata in passato anche a squadre come Chievo Verona, Messina, Palermo, Bari, Reggina, Mantova, Foggia, Cesena e molte altre ancora. Un grave problema per il nostro calcio. Chi sarebbe oggi veramente in grado di rispondere alle domande legittime che si pongono i tifosi, i più penalizzati da storie come queste: come vengono fatti i controlli delle società? Come è possibile che persone che non rispettano gli impegni, possano comunque essere proprietari di diversi club?
A domande del genere non tocca noi rispondere, a noi semmai tocca porle, sperando di trovare una risposta al più presto, per lo meno prima che altre società falliscano e si vadano ad aggiungere alla lunga lista scritta in precedenza.
Il Catania, come le altre squadre, non meritava tutto questo.
La squadra di argentini, il “piccolo Barcellona” che non aveva bisogno neanche di Messi (ovviamente si scherza) che nella stagione 2012/2013 arrivò ottava in classifica superando anche l’Inter. Indimenticabile il gol da centrocampo di Beppe Mascara nel derby vinto 0-4 contro il Palermo (“Mascara meglio di Maradona e Beckham […] questo gol lo vedranno fino a Tonga”, furono le celebri parole di Compagnoni rimaste alla storia), il 3-1 all’Inter del triplete di Mourinho, le punizioni di “Ciccio” Lodi, il “Clamoroso al Cibali!” del radiocronista Sandro Ciotti dopo che il risultato nello stadio del Catania impedì all’Inter di vincere lo scudetto nella stagione 1960-1961 e, infine ma non per importanza, Mihajlovic, Simeone e Montella allenatori della squadra. Ecco, tutto questo è veramente il Calcio Catania.
Questo deve essere solo un arrivederci, non un addio. “U liotru”, “l’elefante” in dialetto catanese, simbolo della città sarà capace di rialzare la sua proboscide.
di Filippo Messina
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