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David Bowie

Cinquant’anni fa ‘moriva’ l’alter ego di David Bowie

Fino a domani è disponibile nelle sale la versione restaurata digitalmente dell’ultimo show di David Bowie nei panni di Ziggy Stardust
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Cinquant’anni fa ‘moriva’ l’alter ego di David Bowie

Fino a domani è disponibile nelle sale la versione restaurata digitalmente dell’ultimo show di David Bowie nei panni di Ziggy Stardust
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Cinquant’anni fa ‘moriva’ l’alter ego di David Bowie

Fino a domani è disponibile nelle sale la versione restaurata digitalmente dell’ultimo show di David Bowie nei panni di Ziggy Stardust
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Fino a domani è disponibile nelle sale la versione restaurata digitalmente dell’ultimo show di David Bowie nei panni di Ziggy Stardust
Fino a domani è disponibile nelle sale la versione restaurata digitalmente di “Ziggy Stardust & The Spiders from Mars: il film”, testimonianza dell’ultimo show che David Bowie tenne, nei panni del suo leggendario alter ego, esattamente 50 anni fa all’Hammersmith Odeon di Londra. La pellicola, originariamente diretta da D.A. Pennebaker e oggi supervisionata dal figlio Frazer, racconta non soltanto quello spettacolo divenuto leggendario – con tanto di backstage alla presenza di celebrità quali Ringo Starr e Jeff Beck – ma desidera catturare un momento che ha cambiato la cultura pop in maniera definitiva. Ziggy era nato poco più di un anno prima. Concepito inizialmente per un musical, era invece divenuto il protagonista del concept album “The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars”, nel quale una rockstar diviene il tramite con forze da un’altra dimensione attraverso la sua radio, trasformandosi in una sorta di Messia che porta al mondo rivelazioni spirituali. Ispirato da Iggy Pop, Lou Reed, Marc Bolan e Vince Taylor e con riferimenti alle opere di Burgess e Burroughs, Ziggy aveva travolto l’Inghilterra il 6 luglio 1972, salendo sul palco di “Top of the Pops”. Questo tizio dai capelli rosso fuoco e trucco appariscente, con un aspetto ambiguo e androgino, che cantava di un messaggero delle stelle che «vorrebbe incontrarci ma che ha paura di farci impazzire» aveva sconvolto i benpensanti di un Paese ormai non più swinging. I giovani invece, anche sull’onda del successo del glam rock, ne furono rapiti e ne decretarono l’ascesa quale figura di culto. Al punto che David smise di esistere per lasciargli la scena. Il tour successivo, intriso di teatralità e futurismo, fu un successo senza precedenti e il 3 luglio 1973 ben 5mila persone si radunarono all’Odeon per la data finale, inconsapevoli di essere parte di un momento storico. Poco prima dell’esecuzione di “Rock’n roll suicide”, Bowie prese infatti il microfono per annunciare che quello sarebbe stato l’ultimo show di Ziggy in assoluto. David aveva deciso di uccidere la sua creatura in pubblico, esattamente come narrato nell’album dove, in una metafora della parabola del successo, il protagonista finisce per essere divorato da coloro che lo avevano eletto idolo. Quel momento sancirà invece la nascita di un mito. Sarà tanta e tale l’identificazione di Ziggy con un essere vero e proprio che, alla notizia della sua ‘morte’, la casa discografica verrà inondata da lettere e telegrammi di condoglianze. L’iconografia del personaggio accompagnerà Bowie ancora per qualche tempo, prima di lasciare spazio a nuove incarnazioni del cantante di Brixton. Ma quel momento ha influenzato in modo indelebile la musica e il costume dei decenni a seguire, a testimonianza che quell’uomo «che attende in cielo» e che «ci ha detto di non sprecare questa occasione» alla fine ha compiuto la sua missione. Continuando a vivere per sempre. Di Stefano Faina e Silvio Napolitano

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