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Giorgia Meloni insidie

Giorgia Meloni e le insidie della destra

Giorgia Meloni e le insidie della destra. La forza del governo è l’opposizione mentre la sua debolezza è la maggioranza che non sa dove vuole andare
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Giorgia Meloni e le insidie della destra

Giorgia Meloni e le insidie della destra. La forza del governo è l’opposizione mentre la sua debolezza è la maggioranza che non sa dove vuole andare
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Giorgia Meloni e le insidie della destra

Giorgia Meloni e le insidie della destra. La forza del governo è l’opposizione mentre la sua debolezza è la maggioranza che non sa dove vuole andare
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Giorgia Meloni e le insidie della destra. La forza del governo è l’opposizione mentre la sua debolezza è la maggioranza che non sa dove vuole andare
Non lo sappiamo se sarà o no un’avventura – e le canzoni è meglio lasciarle ai cantanti – ma ciò che possiamo dire con certezza è che la forza del governo è l’opposizione mentre la sua debolezza è la maggioranza che non sa dove vuole andare. Ma è pur tempo che cresca e si chiarisca le idee perché, conti alla mano, l’economia italiana anche frenando e rallentando non sta poi messa così male e ciò che le serve non è né populismo né sovranismo né antieuropeismo bensì conti in ordine, concorrenza e riforme per rilanciare proprio su una vitalità nazionale che vuole e deve crescere. Con la prima manovra economica – la prima del dopo DraghiGiorgia Meloni ha dimostrato che il suo realismo è lungimirante. Ora, però, la rotta non può essere invertita e pensare di sforare (magari anche in chiave elettorale, pensando alle Europee) è il classico rimedio peggiore del male: sia perché non raggiungerebbe alcun obiettivo, sia e soprattutto perché sarebbe una scelta antinazionale praticata da chi proprio sull’interesse nazionale ha fatto il suo maggior investimento. Dunque? Dunque se ne vedranno delle belle, perché fra il capo del governo, i ministri e i partiti c’è un evidente salto quantico che nessuno è in grado di colmare. Matteo Salvini, che sarebbe il ministro delle Infrastrutture, è impegnato costantemente a cercare il tempo perduto. Ora è impegnato a corteggiare un generale dell’esercito autore di un pamphlet di successo, ora ci delizia con Marine Le Pen in quel di Pontida, ora si esibisce in uno dei suoi soliti estenuanti elenchi: ma qualunque cosa faccia e dica, il suo impegno è profuso nel tentativo di rubare voti a destra della destra per cantare vittoria il giorno dopo il voto europeo. Tutto legittimo? Se fosse fatto senza mettere a rischio i conti pubblici e nella speranza di dare un carattere più istituzionale al centrodestra si potrebbe perfino dir di sì; ma siccome il ministro delle Infrastrutture sembra minare con le sue trovate proprio l’infrastruttura della maggioranza, allora si può sostenere che il suo elettoralismo è in conflitto con la politica del governo e a lungo andare, vista la inconsistenza dell’opposizione, è il vero pericolo da cui la presidente del Consiglio dovrà effettivamente guardarsi le spalle. Non perché potrebbe essere pugnalata alla schiena, ma più semplicemente e verosimilmente perché i rischi nascono dalle sottovalutazioni e da incidenti domestici tanto banali quanto fatali. Allora, se c’è una carta che “la versione di Giorgia” – tanto per citare il libro-intervista di Alessandro Sallusti con il capo del governo – dovrebbe considerare è la scelta di non rivedere in chiave populista posizioni istituzionali (i conti in ordine) e politiche (la destra più liberale che sociale) che finirebbero per danneggiare nell’ordine: l’Italia, il governo, FdI. Ecco perché, elezioni o non elezioni, nuova maggioranza europea o meno, la direzione di marcia del governo Meloni o, per usare parole più umili e più vere, il lavoro usato da continuare è quello del solco della prima manovra e nell’ordine: conti rigorosi, concorrenza, riforme (e riforme utili come giustizia, amministrazione, istruzione). La forza della presidente del Consiglio dipende dalla sua volontà e dalla sua capacità di non cedere al populismo e di investire in una destra più libera e liberale. Più l’istituto di governo non cede alle sirene del populismo usate da Salvini e più la politica di Giorgia Meloni è salda e autorevole; più scivola verso il populismo e si lascia andare a polemiche inconcludenti e più s’indebolisce. Se sarà o no un’avventura dipenderà soltanto da lei e dalla versione che sceglierà.   di Giancristiano Desiderio

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