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Giorgia Meloni Vincenzo De Luca

La rana e lo scorpione

Giorgia Meloni non è riuscita a resistere alla tentazione di tramutarsi in scorpione pungendo il ranocchio Vincenzo De Luca

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La rana e lo scorpione

Giorgia Meloni non è riuscita a resistere alla tentazione di tramutarsi in scorpione pungendo il ranocchio Vincenzo De Luca

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La rana e lo scorpione

Giorgia Meloni non è riuscita a resistere alla tentazione di tramutarsi in scorpione pungendo il ranocchio Vincenzo De Luca

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Giorgia Meloni non è riuscita a resistere alla tentazione di tramutarsi in scorpione pungendo il ranocchio Vincenzo De Luca

Ricordate la favola attribuita a Esopo della rana e dello scorpione? Lo scorpione chiede “un passaggio” sulle spalle del ranocchio per poter guadare un ruscello. A metà dell’impresa, lo punge mortalmente e alla vittima che negli ultimi istanti di vita gli chiede disperata: “Ma perché lo hai fatto, sapendo di condannare anche te stesso a morte certa?”, risponde “Perché è nella mia natura”. Battuta che funge anche da morale alla secolare fiaba. 

A Caivano, nel giorno in cui il governo raccoglieva meritatamente i frutti di un intervento rapido e persino portato a termine in anticipo rispetto alla tabella di marcia, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni non è riuscita a resistere alla tentazione di tramutarsi in scorpione. Pungendo con mortifera prontezza e lucida preparazione il grande “nemico”, il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca. 

Una vendetta consumata a freddo, pianificata da tempo, per la quale la giornata a Caivano ha offerto le condizioni ideali. Il ranocchio De Luca, così, è stato colpito e affondato a bordo piscina ma la stessa Meloni in versione scorpione ha consapevolmente mandato al macero una straordinaria occasione politica e soprattutto di sostanza.

La presidente del Consiglio è troppo esperta dei meccanismi dei media e dei social per non sapere sin nel dettaglio cosa stesse facendo: dopo la sua battuta, di Caivano in prima pagina, sui social impazziti, in radio e televisione non avrebbe parlato praticamente nessuno. Tutti a riportare la fulminea puntura da scorpione, la “str…” gettata in faccia al presidente campano con ghigno sardonico e convinto. Abbiamo pazientato 24 ore per la conferma che della riqualificazione di un luogo divenuto un simbolo e della speranza concreta data a un’intera comunità sui media sarebbe restata l’ombra. Sfumata nel lampo di luce del colpo a effetto.

Non ci sfugge neppure un particolare delle molteplici motivazioni di Giorgia Meloni ma restiamo convinti che si sia sprecata un’occasione, pur di raccogliere un risultato nell’immediato. 

Le campagne elettorali non sono intrise di spirito cavalleresco e ci impressiona zero l’ormai regolare uso del turpiloquio e dell’immagine forte, restiamo semplicemente dell’idea che non sempre il vantaggio immediato possa essere vantaggioso a medio e lungo termine. A maggior ragione in una circostanza in cui il messaggio dovrebbe valere più di qualsiasi rivalsa di carattere personale.

La verità è che la maggioranza delle persone è uno scorpione esattamente come la Giorgia Meloni andata in scena in Campania: ci piace da matti l’idea del politico – ancor più del leader – “uguale” a noi. Noi, str… almeno quanto lui. 

I politici sono impegnati da decenni in un gioco di specchi con il proprio elettorato. Si gioca tutti allo stesso tavolo, passandosi le stesse fiches. La rana non può che fare una brutta fine.

di Fulvio Giuliani

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