Cocco Bill, il pistolero alla camomilla
Trottando tranquillo in una inconsueta vignetta muta, fa il suo ingresso nella cittadina texana di Bobbe City il pistolero Cocco Bill
Cocco Bill, il pistolero alla camomilla
Trottando tranquillo in una inconsueta vignetta muta, fa il suo ingresso nella cittadina texana di Bobbe City il pistolero Cocco Bill
Cocco Bill, il pistolero alla camomilla
Trottando tranquillo in una inconsueta vignetta muta, fa il suo ingresso nella cittadina texana di Bobbe City il pistolero Cocco Bill
Trottando tranquillo in una inconsueta vignetta muta, fa il suo ingresso nella cittadina texana di Bobbe City il pistolero Cocco Bill
Il 28 marzo 1957 uno strano fumetto fa capolino fra le pagine de “Il Giorno dei Ragazzi”, il nuovo supplemento per adolescenti del quotidiano “Il Giorno”. È la parodia di quei fumetti western di successo dell’epoca quali “Tex” della Edizioni Audace (l’odierna Sergio Bonelli Editore) e “Pecos Bill” (le cui avventure disegnate erano pubblicate in quel momento dalla Edizioni Alpe), ispirandosi a quest’ultimo persino per il nome. Trottando tranquillo in una inconsueta vignetta muta, fa il suo ingresso nella cittadina texana di Bobbe City il pistolero Cocco Bill a cavallo del suo fido quadrupede parlante Trottalemme.
Non si tratta della prima opera del suo autore, Benito Jacovitti detto Lisca di pesce, anzi: il suo tratto di stile comico l’aveva già reso molto famoso sulle pagine della rivista “Il Vittorioso”, riscuotendo un enorme successo con le storie dei 3P (Pippo, Pertica e Palla) e di Cip l’arcipoliziotto. Cocco Bill sembra per avere da subito un approccio ancora più libero alla narrazione, scanzonato e metatestuale. Le frequenti didascalie sono addobbate da calembour disegnati e forniti anch’essi di una propria descrizione come lo «sceriffo a dondolo», appunto metà sceriffo e metà sedia a dondolo, mentre il protagonista spara con le sue pistole persino per aprire le porte del saloon. Un’entrata a effetto che tradisce la disinvoltura con cui l’eroe pistolero è familiare con le sparatorie. E forse Cocco Bill è consapevole di questa sua natura incline all’aggressività, tanto da ordinare al bancone né whisky né rhum bensì una calmante e salutare camomilla. Per sua sfortuna il classico balordo da bar ha però la brutta idea di sbeffeggiare l’inusuale bevanda scelta del nuovo arrivato, che per tutta risposta gli fa letteralmente saltare i denti a revolverate. Siamo soltanto al fondo della prima pagina del nuovo fumetto di Jacovitti, ma tutti i giovani lettori si sono già innamorati di questo eroe nasuto e caricaturale.
Il resto della storia continua sulla linea del parossismo grafico con duelli fittissimi dove le pistole sparano come fossero mitragliatrici, sempre al servizio dell’effetto farsesco e non di trovate granguignolesche. Una vivacità che si esprime anche nei dialoghi esagerati e incalzanti, di perfetto complemento alle trovate grafiche. La cornice umoristica permette infatti a Jacovitti di rappresentare in maniera molto palese le espressioni dei personaggi, così come le pose e i gesti tipici dell’italianità. Così il diniego del cattivo verrà accompagnato da un indice oscillante in segno di “no”, mentre le domande di Cocco Bill saranno rinforzate dalla tipica e italianissima ‘mano a cacocciola’ (cioè a carciofo, secondo Camilleri; a tulipano invece per Gadda).
Alla fine di una storia in cui si spara coi piedi e persino con gli zoccoli – visto che è Trottalemme stesso a tirare il colpo che fa esplodere il carro dell’antagonista – Cocco Bill dovrà scappare da un matrimonio forzato con l’imponente Osusanna Ailoviù. Una fuga che andrà avanti per decenni, visto che Cocco Bill continuerà a essere pubblicato persino dopo la morte dello stesso Jacovitti nel 1998 e ricevendo l’onore – assai raro in Italia – di due serie animate nel 2001 e nel 2004. Adattamenti spassosi, ma di una saga disegnata in modo tale da essere intraducibile in altri medium. Col tempo le tavole di Cocco Bill diventano sempre più ricche di dettagli comici e surreali – quali salami parlanti e venditrici di cognati – sempre intenti a recitare sullo sfondo delle avventure del pistolero. Un’apparente cacofonia comunicativa che grazie all’intuito grafico di Jacovitti si trasformava puntualmente in un coro di risate da parte dei lettori, segnalando l’unicità di questo particolarissimo autore nel panorama del fumetto italiano.
di Camillo Bosco
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Tag: fumetti
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