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Trump e Putin e il sogno coloniale in Ucraina

I “colloqui di pace” per l’Ucraina stanno appena iniziando a prendere forma, ma già sembrano piani di spartizione di coloniale memoria

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Trump e Putin e il sogno coloniale in Ucraina

I “colloqui di pace” per l’Ucraina stanno appena iniziando a prendere forma, ma già sembrano piani di spartizione di coloniale memoria

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Trump e Putin e il sogno coloniale in Ucraina

I “colloqui di pace” per l’Ucraina stanno appena iniziando a prendere forma, ma già sembrano piani di spartizione di coloniale memoria

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I “colloqui di pace” per l’Ucraina stanno appena iniziando a prendere forma, ma già sembrano piani di spartizione di coloniale memoria

I “colloqui di pace” per l’Ucraina stanno appena iniziando a prendere forma, ma già sembrano piani di spartizione di coloniale memoria. Il tenore della discussione era già emerso ieri, con la lunga telefonata (un’ora e mezza) tra Donald Trump e Vladimir Putin e la successiva (poco più di quindici minuti) tra il tycoon e Zelensky. Come a dire: «Gli adulti parlano tra loro, tu bambino stai calmo e aspetta noi».

Oggi è il Cremlino a prendere la parola. A Mosca, infatti, si selezionano in queste ore i membri della delegazione russa che parteciperà ai negoziati «con gli Stati Uniti». Dell’Ucraina, in questa dichiarazione, nemmeno l’ombra. Ma d’altronde lo sappiamo, ormai: per la Russia Kiev è un mero capoluogo di provincia, una provincia che deve solo tornare nell’ovile.

Ma Mosca rincara la dose. Alla domanda su quale ruolo avrà l’Europa nei colloqui, i portavoce rispondono: «Al momento non è chiaro il formato del possibile processo di negoziazione. Pertanto è prematuro parlare di un ruolo per qualunque attore al di fuori di Usa e Russia». In sostanza la pace sarà decisa, secondo Putin, solo da lui e Trump. Senza considerare gli europei (che giocoforza dovranno avere un ruolo come garanzia di sicurezza dell’Ucraina) e nemmeno i diretti interessati, gli ucraini.

Sembra davvero di assistere ai ritrovi di re e diplomatici di fine ‘800. Allora avevano davanti le mappe dell’Africa, su cui tracciavano linee rette in base ai propri gusti e desideri. Dei popoli locali, e delle potenze non direttamente coinvolte, nemmeno l’ombra. Oggi la cartina è quella dell’Ucraina.

Come sarà la pace è presto detto: quella di Putin. Che non è disposto a cedere alcun territorio conquistato, e rivuole indietro le zone perse nel Kursk. Trump si impegna a continuare le forniture di armi all’Ucraina, a condizione che questa ripaghi i debiti concedendo enormi quantità di “terre rare” (che però stanno soprattutto nell’ormai russo Donbas). Inoltre, appena chiuse le ostilità (o forse anche prima), Zelensky dovrà sottoporsi al voto popolare. Che è chiaro, anche senza essere dei geni, sarà pilotato dalla micidiale macchina di disinformazione e propaganda di cui dispone il Cremlino.

Addio, poi, all’ambizione ucraina di entrare nella Nato, e verosimilmente pure nell’Unione Europea. Sulle garanzie di sicurezza c’è una sola certezza: gli Usa intendono restarne fuori. Se servirà una forza di peacekeeping dovrà essere interamente europea (e, per citare le parole del segretario della Difesa Usa, Hegseth, «non Nato»). Il che, ad oggi, equivale a dire che l’Ucraina sarà lasciata a sé stessa: tra Ue e Gran Bretagna non ci sono truppe, materiali, munizioni e logistica sufficienti a costituire un solido repellente. E intanto la Russia potrà ricostruire i suoi (ormai quasi vuoti) arsenali ed essere pronta in pochi anni, cinque secondo alcuni studi, a tornare alla carica.

L’unica speranza è che Zelensky riesca ad assumere una posizione di forza nei confronti di Washington. Cosa che, stando alla Cnn, starebbe già facendo. Dopo essersi detto favorevole alla fornitura di “terre rare” per saldare i debiti, il presidente ucraino si sarebbe oggi rifiutato di firmare l’accordo preliminare in tal senso. Prendendo tempo, nella speranza di poter strappare a Trump qualche concessione in più.

Di Umberto Cascone

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