Mezzo secolo per due colonne sonore da brivido
Messo secolo fa il debutto di due colonne sonore storiche del cinema: in Italia “Profondo Rosso” di Dario Argento; nel mondo “Lo Squalo” di Steven Spielberg

Mezzo secolo per due colonne sonore da brivido
Messo secolo fa il debutto di due colonne sonore storiche del cinema: in Italia “Profondo Rosso” di Dario Argento; nel mondo “Lo Squalo” di Steven Spielberg
Mezzo secolo per due colonne sonore da brivido
Messo secolo fa il debutto di due colonne sonore storiche del cinema: in Italia “Profondo Rosso” di Dario Argento; nel mondo “Lo Squalo” di Steven Spielberg
Anno 1975. Nasce l’eurocomunismo. Finisce la guerra in Vietnam. Pol Pot inaugura una delle dittature più sanguinose della storia. Margareth Thatcher è la nuova leader del Partito conservatore inglese. Vedono luce la Microsoft Corporation e gli Iron Maiden. I Khmer rossi lanciano la loro offensiva in Cambogia. Qualcuno pensa di uccidere il presidente degli Stati Uniti Gerard Ford, qualcun altro ci riesce con Pier Paolo Pasolini.
Il mondo cinematografico riflette questo magmatico altoforno di umori, idee, trasformazioni e tensioni. Trionfo del cinema d’autore (Fellini) ma anche del trash, del poliziottesco, della sexy-commedia e del cinema cosiddetto ‘politico’. La gente è divisa tra voglia di disimpegno e obbligo di allineamento. La spunta pertanto il genere horror.
Due film su tutti: in Italia “Profondo Rosso” di Dario Argento; nel mondo “Lo Squalo” di Steven Spielberg. In entrambi i casi, colonne sonore strepitose che faranno scuola e storia. A metterci la firma rispettivamente John Williams – all’epoca un compositore già affermato e signore indiscusso dell’orchestrazione – e i Goblin, una sconosciuta band con velleità prog composta da super musicisti.
Due storie, due percorsi musicali, due destini diversi per le colonne sonore. In comune l’idea di toccare l’animo umano nella sua veste più fragile. Far affiorare il sedimento di paura che ristagna nella sua parte più profonda. Raggiungere quest’obiettivo giocando sul loop ostinato e sulla circolarità musicale, alchimia sonora capace di incutere la giusta dose di ‘disturbo’ e tensione emotiva.
Proprio perché John Williams è già molto conosciuto per la sua bravura, il regista de “Lo Squalo” – Steven Spielberg – rimane non poco spiazzato dalla bozza di colonna sonora che si vede presentare dal maestro. Due sole note, un Mi e un Fa, ripetute più volte. Tutto qui. Williams suggerisce un’orchestrazione a base di archi e fiati, Spielberg pensa si tratti di uno scherzo. In verità, il musicista ha già capito tutto. Quel Mi e quel Fa, infatti, non sono semplicemente due note. Sono quelle (assieme al Si e al Do) che – nella scala di Do maggiore – hanno l’intervallo più breve.
Per la musicoterapia e le neuroscienze, note del genere suonate ripetutamente in scala ascendente generano senso di sospensione, stress, angoscia e tensione. Sono quindi perfette per raccontare l’affiorare dall’abisso di un divoratore di esseri umani, talmente appropriate che durante il film non è più necessario mostrare fisicamente lo squalo. La sua presenza viene annunciata da quelle due note, il suo attacco fatale commentato dallo stesso binomio in successione sempre più accelerata.
Un po’ più tribolata è la storia musicale di “Profondo Rosso”. All’epoca il giovane e talentuoso regista Dario Argento vuole il meglio e il meglio in quel momento è il musicista Giorgio Gaslini, pianista eccezionale e compositore eccelso. Quest’ultimo ha già compiuto il prodigio di far entrare il jazz nei Conservatori e divulgato in Italia un’idea ‘totale’ della musica e del fare musica. Ma capita l’inaspettato: la magia non scatta. Il commento sonoro disegnato da Gaslini per il film risulta troppo cerebrale e poco in sintonia con le atmosfere dark della pellicola.
Ci vuole qualcosa di diverso. Ci vuole il rock, serve una band. Ed ecco allora i Goblin. L’aria frizza di atmosfere prog, qualche anno prima il disco “Tubular Bells” di Mike Oldfield ha ispirato tutti, in particolare l’ouverture finita nel film “L’esorcista”. Il bassista Fabio Pignatelli abbozza un riff simile su una chitarra folk e poi sul basso. Il chitarrista Massimo Morante lo sviluppa, il tastierista Claudio Simonetti gli infila parti di minimoog, clavicembalo e organo a canne. Walter Martino, alla batteria, arricchisce tutto con un drumming perfetto. Nasce il capolavoro “Profondo Rosso”: sedici settimane al primo posto in classifica. Più di un milione di copie vendute. E una musica che ancora oggi semina tanta, tanta paura.
Di McGraffio
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