“Tucci in Italy” la nuova serie tv tra stereotipi e verità del Bel Paese
Stanley Tucci e l’Italia, amore infinito: al via una nuova serie sulla cucina tricolore, in arrivo lunedì su Disney+

“Tucci in Italy” la nuova serie tv tra stereotipi e verità del Bel Paese
Stanley Tucci e l’Italia, amore infinito: al via una nuova serie sulla cucina tricolore, in arrivo lunedì su Disney+
“Tucci in Italy” la nuova serie tv tra stereotipi e verità del Bel Paese
Stanley Tucci e l’Italia, amore infinito: al via una nuova serie sulla cucina tricolore, in arrivo lunedì su Disney+
Da italiana che vive in Inghilterra da sei anni, ho ormai fatto l’abitudine alla reazione tipica dei miei interlocutori quando dico da dove vengo. Un sorriso entusiasta, qualche parola in italiano (quasi sempre un «Mamma mia!» gridato con orgoglio) e poi i soliti cliché: mafia, pizza e mandolino. Sorrido anche io, con l’ironia che si sviluppa vivendo all’estero, ma dentro di me penso: possibile che sia ancora questa l’immagine dominante? Negli anni ho cercato di raccontare un’Italia diversa. Un’Italia fatta di sfumature, di contraddizioni, di realtà quotidiane che non entrano nelle cartoline. Così, quando ho saputo dell’anteprima londinese di “Tucci in Italy”, non ho resistito. Avevo bisogno di capire: stavolta sarà diverso?
La nuova serie di Stanley Tucci (in arrivo lunedì su Disney+) è un viaggio in cinque regioni italiane (Toscana, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Abruzzo e Lazio) alla scoperta del cibo, delle tradizioni e delle persone. Va detto: Tucci è irresistibile. Ha classe, intelligenza e una passione per il cibo italiano che lo rende credibile anche agli occhi di noi expat. Attore, regista, scrittore e ormai anche influencer, con oltre 5 milioni di follower su Instagram. Da vera fan dai tempi de “Il diavolo veste Prada”, ho anche comprato una maglietta che vendeva per beneficenza. L’ho regalata a mio marito sperando che diventasse un po’ più ‘Tucci-style’ (spoiler: no, non è successo).
La prima puntata è ambientata in Toscana. Le immagini sono mozzafiato, con colline dorate e tramonti cinematografici. Poi arriva il lampredotto. A colazione. Mi fermo un attimo. Ma davvero, a Firenze, si mangia il lampredotto alle otto del mattino come fosse un espresso al bar? È qui che qualcosa stride. Non con Tucci, ma con l’idea stessa di ‘autenticità’ che, fuori dall’Italia, assume contorni molto diversi da quelli che conosciamo. Per chi vive in Italia, l’autenticità è fatta di sfumature: la fila alle poste, la bellezza decadente di certe periferie, il profumo del pane fresco la domenica mattina. Ma per chi guarda da fuori spesso diventa una sintesi poetica: un po’ Fellini, un po’ Instagram.
Durante l’intervista post evento, Tucci ha detto di voler raccontare «un’Italia più autentica». Ma la domanda che mi è rimasta addosso è: autentica per chi? Per noi italiani? Per quelli che, come me, vivono all’estero e cercano di spiegare ogni giorno che non mangiamo sempre pasta fatta in casa e che non tutti conoscono a memoria la ricetta della nonna? O per un pubblico internazionale in cerca di emozioni, di storie buone da condividere online, di un’idea di Italia che confermi quello che già pensa? Il rischio è quello di sostituire un cliché con un altro. Magari più elegante, ma sempre costruito per piacere.
Vista da lontano, l’Italia è spesso uno specchio. Riflette il desiderio di semplicità, bellezza, gusto e tradizione. E va bene così, se sappiamo riconoscerlo. Ma non possiamo illuderci che basti un primo piano su una nonna che impasta per raccontare davvero chi siamo. Eppure ogni tentativo di raccontare il nostro Paese, se fatto con rispetto, può essere un’occasione per riflettere su noi stessi. Anche – e forse soprattutto – quando ci troviamo a spiegare l’Italia a chi non ci conosce davvero.
Di Melania Guarda Ceccoli
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